sabato 10 marzo 2012

Io e la Madonna

Fiesole vista dal convento
Ricordo anche il giorno che accadde, era il 29 aprile del ‘94.
Lo ricordo bene, anche perché successero diverse cose strane contemporaneamente.
Devo fare un piccolo preambolo. In quei giorni, in tutta Italia, spuntavano come funghi, Madonne che piangevano. E, le suore di Fiesole, ne erano rimaste contagiate da quelle notizie ed erano anche un po’, diciamo, su di giri, per gli eventi.
Nel loro giardino secolare c’era (oddio, c’è ancora) una statua della Madonna, anzi della Miracolosa Immacolata, mentre schiaccia la serpe, simbolo del demonio. La statua era a grandezza naturale, su un rialzo in pietra e sotto un loggiatino seicentesco. All’ombra di un bel tricentenario, immenso, Cedro atlantico. Qualche anno prima, un imbianchino armato di buona volontà, l’aveva dipinta con colori a smalto, facendo un lavoro piuttosto misero, ma abbastanza da poter soddisfare le povere suorine. Ma purtroppo il tempo aveva reso la statua un ammasso scartocciato di vernici e colori.
Fu così, che suor Emilia, la superiora del convento, forse presa dall’entusiasmo di quelle madonnine piangenti mi chiese se ero in grado di poter ridipingere per bene la statua. Non era veramente guardabile, e sicuramente immagino che si sarebbe vergognata se.....
Naturalmente, io dissi che si, era possibile, ma avrei dovuto vedere di che materiale era fatta, così da poter scegliere bene il tipo di colore per verniciarla, oppure lasciarla al naturale. Lei mi dette l’autorizzazione e io presi i miei arnesi da pittura.
Andai accanto alla statua e, con tutta naturalezza andai con il raschietto sulla guancia della Madonna, dato che era alla mia altezza e era anche l’unica parte un po’ piatta che si potesse raschiare. Oddio, ci sarebbero stati anche i seni, ma mi sembrò non tanto edificante e un po’ irrispettoso.
Cominciai così a raschiare dall’alto verso il basso, come si fa di solito, e delicatamente levai diversi strati di vernice, fino ad arrivare alla statua nuda.
Era in terracotta, sicuramente dell’Impruneta, dato il suo bel colore rosso caldo.
Allora presi armi e bagagli e tornai dalla superiora dicendogli, non senza entusiasmo, che sì, si poteva fare, anzi sarebbe venuta benissimo, perché il fondo di terracotta avrebbe permesso una perfetta lavorazione pittorica. Però dovevo andare fuori Firenze per qualche giorno, ma al mio ritorno avrei subito fatto il lavoro.
Il 2 di maggio tornai al convento e fu una tragedia. Il Cedro era stato aperto in due da un fulmine la notte fra il 30 e il 1° maggio. Come arrivai mi corsero incontro Suor Emilia, la superiora, e suor Amelia l’economa, sbraitanto come matte: “Maurizio cos’hai combinato?, che scherzi sono questi?” “non ti vergogni”, “quelle povere suore al freddo”.Io sinceramente non capivo e cascai dalle nuvole.
Per fortuna si accorsero che, veramente, io ero involontariamente colpevole di un equivoco!
La sera del 30, dopo cena, due suorine, suor Eufrasia e suor Rosaria, erano andate nel giardino a passeggiare e dire il rosario, ma, ignare del lavoretto che avevo fatto, vedendo la Madonna con quel rigo rosso sotto gli occhi, cominciarono a strillare e pregare contemporaneamente. La Madonna del loro giardino piangeva. Nel giro di pochi minuti tutte le sorelle erano uscite e si erano inginocchiate (sulla ghiaia) a pregare.
Pregarono un bel pezzo, almeno finché non arrivò la superiora, che, essendo impegnata in parrocchia, non era presente al fatto. Memore del mio lavoro, vide che la strisciata c’era, sì, ma era quella che avevo fatto io. Ci vollero ore per convincere tutte le anziane sorelle che pregavano che era una mia “opera” e non lacrime, e soltanto un improvviso temporale le desisté dal continuare!
Ma ormai il danno era fatto... e io avevo fatto piangere la Madonna e quelle povere suorine erano rimaste a pregare al freddo e sulla ghiaia per ore.
Ma come rientrarono tutte in convento, un violento lampo,  colpi il cedro dalla punta alla base, aprendogli uno squarcio nel tronco!
Andarono a dormire tutte terrorizzate.

Per fortuna capirono la mia buona fede, ma qualcuna sicuramente no, d’altra parte sono molto dispettoso e gli scherzi mi piacciono assai.
Comunque la Madonna fu ridipinta e venne perfetta. Bellissima. Il Cedro fu imbracato e piano piano salvato e fu anche fatta la messa per la Madonna “piangente” riparata.
Purtroppo non è durata tanto perché la Gertrude, suora pratese, presa da un amore spassionato, tutti i sabato mattina, cascasse il mondo, gli faceva il bagno con acqua sapone e spugna... e, struscia oggi, e struscia domani, dopo pochi mesi la vernice se ne andava, come il ricordo, di quella notte “miracolosa”.
Naturalmente per le suore, il fulmine, era il segno divino della blasfemia che avevo commesso, e che, sicuramente, sarei andato all’inferno!
Suor Gertrude non me l’ha mai perdonata, anche se alla fine mi disse: “Tu m’ha fatto talmente bene i’ serpente che sembra vero. E l’Amelia la un viene più a tagliarmi i fiori dalla Madonna. La c’ha paura di’ serpente... e l’è una serpe lei, figurati!”

Nessun commento:

Posta un commento