martedì 22 ottobre 2013

Capitolo XXVIII.


Pinocchio corre pericolo di esser fritto in padella, come un pesce.

Ulisse.
Fino all’età di 10 anni mi portavano, tutti i settembre, al mare a Marina di Pisa.
E più precisamente al Bagno Pia. Il bagno Pia era uno di quei vecchi stabilimenti di un tempo, fatti tutti di legno, con casette ai lati del bagno e le cabine per i giornalieri che si estendevano su una palizzata fino ed oltre la riva. Nell’acqua.
Naturalmente ogni stablimento aveva il suo colore che lo distingueva. E il bagno Pia era verde e bianco. L’ingresso era una sala lunga completamente colorata di smalto verde, che tutti gli anni veniva sistematicamente ridipinta e sul pavimento di cemento, c’era sempre una sedia con sopra Ulisse.
Era il bisnonno della proprietaria. Era stato un pescatore e con la sua pipa, eternamente spenta in bocca, stava lì, tutti  i santissimi giorni a guardia dell’ingresso con il suo: “deh buongiorno…” e soprattutto a ornamento del muro, fra un’infinità di conchiglie, granchi imbalsamati e reti da pescatore. E lui pescatore lo era stato, almeno fino a quando, nei prime del novecento aveva venduto la barca per comprarsi quel Bagno.
Era tale e quale all’infinito numero di ritratti di pescatori che si trovano nei vari mercatini antiquari. Io passavo le ore più calde della giornata dove mi era proibito categoricamente di stare al sole, seduto su quel cemento cosparso di sabbia, ascoltando le sue storie di quando, giovane, faceva il pescatore. Mi raccontava di onde gigantesche, e di pesci inverosimili. Di quando una balena rimase impigliata nella sua rete e che con coraggio, tuffandosi, riuscì a liberare. Io dal basso lo ascoltavo a bocca spalancata. E la luce mescolandosi a quelle pareti verde pisello, gli davano un colorito verdognolo che lo trasformavano in un omino verde.
E il pescatore verde non poteva che essere lui. Ulisse. E soprattutto, grazie ad Ulisse, che mi ha fatto viaggiare, immaginare e sognare. Il mio capitano di innumerevoli viaggi….

martedì 15 ottobre 2013

Capitolo XXVI.


Pinocchio va co’ suoi compagni di scuola in riva al mare, per vedere

il terribile Pesce-cane.

Deja-vu.
Fin da piccolo uno dei miei sogni ricorrenti era il correre su una piazza sul mare con il pavimento a quadri bianchi e neri cercando di sfuggire alle onde impazzite e alla pioggia a dirotto. Ho sempre associato la corsa a quest’immagine, a questa sensazione. Non sapevo che posto era. A Livorno ci andavo ormai da tanto tempo, ma andando sempre o al porto o alla rodonda dell’Ardenza, la parte centrale non la facevo mai. Un giorno piovigginoso,  come ogni tanto sul mare accadono, decidemmo io e Carla di fare un giretto sul lungomare, che lei conosceva benissimo, ma che io, invece, non conoscevo affatto. E così mentre pioveva, con le onde che scavalcavano la ringhiera sul mare, mi ritrovai in quella piazza che, tante volte avevo sognato da bambino. Fu un’emozione incredibile.
Fu così che nel capitolo della corsa di Pinocchio verso il mare a vedere la balena… il luogo da me immaginato non avrebbe potuto essere un altro. Il potere del deja-vu!
Mi piace sognare che, forse, tutti i i disegni di Pinocchio, sono nati da sogni, il cui unico loro scopo, era finire su un bianco foglio immacolato. E li esplodere di colori! Alla faccia di chi sogna ancora in bianco e nero!

sabato 12 ottobre 2013

Capitolo XXV.

Pinocchio promette alla Fata di esser buono e di studiare, perché è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo.

Qui casca l’asino! Nel senso che è un’immagine transitoria della “mia” storia. Non è stata ispirata direttamente da nessun evento. Certo fra 36 disegni, quasi tutti ispirati a qualcosa o qualcuno, ci doveva essere una pecora nera. Eccola. E comunque tante volte ho promesso, mai mantenendo, che avrei studiato. “Sarebbe bravissimo, un genio… se solo studiasse tutto e non solo quello che gli piace…” E’ stato il refraine della mia vita scolastica. Dall’Asilo alle Superiori la stessa frase da tutti gli insegnanti di turno. Tranne quelli di matematica, fisica ecc. che mi davano per, inesorabilmente, spacciato. Ma i voti nelle altre materie mi salvavano… e la media era buona. Per cui, mi sento di affermare, quasi con assoluta sicurezza, che, insconsciamente ho voluto, qui, rappresentare tutti quelli che pazientemente aspettavano che mi decidessi ad aprire qualche libro!

mercoledì 9 ottobre 2013

Capitolo XXIV.

Pinocchio arriva all’isola delle «Api industriose» e ritrova la Fata.

Un giorno, non ricordo né quando, né come, arrivai in una piazza indaffarata. Piena di gente che correva e sbraitava . Gente che trattava sui prezzi. Suoni, odori, colori m’invadevano e mi avvolgevano completamente. Non mi era mai capitato di trovarmi in una grande Piazza così affollata e piena di banche che vendevano d’ogni cosa. Un mercato così non l’avevo mai visto! E sì che io ero nato in Piazza delle Cure, dove il mercato c’era da sempre… ma quello mi colpì in modo particolare e quando posso ci vado e mi gusto, come allora quelle sensazioni. Quando è stato il momento di rappresentare l’isola delle “Api industriose” ho pensato proprio a quella piazza e a quel mercato, caro ricordo di un tempo: Certo, ero cosciente che il Collodi l’aveva ambientata in una fattoria in mezzo al Padule dell’Osmannoro. Ma quel luogo era profondamente radicato nel mio cuore: Piazza Cavallotti a Livorno!