lunedì 15 dicembre 2014

Pensieri colorati

A volte un’idea rimane nel limbo… o precisamente nell’oblio della mente, incerta se diventare parola o segno. Poi d’improvviso ti accorgi che diventa una storia e che la puoi anche disegnare… Tutto parte da un piccolo bozzettino fatto con i pennarelli… si, quelli da bambini e qualche matita. Quelli che mi conoscono bene sanno che io non ho preferenze sul tipo di materiale da usare per il mio lavoro, convinto da sempre che non servono cose lussuose, eche basta un ramoscello e della terra su cui disegnare per poter creare un capolavoro.

C’era una volta un paese normale. 
Con case normali e gente normale che vivevano normalmente la loro normale quotidianità.
Strade normali, la Chiesa normale, il Comune normale, e persino normali i gatti che la notte miagolavano normalmente i loro amori.
Però…, naturalmente c’è un però…. c’era un tizio, che normale non lo era per nulla!
Infatti, un giorno normale, di quelli come tanti, questo tizio, che dicono fosse un grande poeta, prese una valigia e la riempì di tutte le sue cose. Soprattutto di blocchetti di fogli colorati con la sua normalissima Bic blu punta fine e si incamminò fuori dal paese, verso il punto in cui c’era un albero millenario; il più grande e il più alto.
Con immensa fatica riuscì ad arrivare fino ai rami più alti. Salendo da un ramo all’altro giunse in cima, poi, spezzando rametti e legando il tutto con liane rampicanti, si fece un piccolo casotto.
Lassù, solo e nel silenzio, cominciò a produrre pensieri.
E li scrisse su quei fogli colorati e poi lasciò che il vento li portasse via, ovunque egli avesse voluto.


Fu così che cominciò la storia del paese normale. Infatti in quel paese normale cadde il primo biglietto. Anzi, cadde su una panchina della piazza principale, di quelle dove di solito, la sera, gli anziani stavano a frescheggiare. Come la toccò avvenne una specie di miracolo che lasciò i normali abitanti di quel normale paese di stucco. La panchina si tinse di un bel rosso vermiglione.
Non passò molto tempo che un altro biglietto si posasse su un albero e che magicamente all’improvviso si tinse di un bel blu!
Le persone normali si entusiasmarono a tal punto che, dopo aver assistito a quello strano miracolo, persero un po’ della loro normalità e cominciarano ad essere un po’ strani.
Fu così, che uno dopo l’altro, si colorarono gli alberi e poi le piante. Dopo toccò ai i tetti e in seguito le strade. Ormai era quasi tutto colorato.
Ci volle un po’ per capire da dove venivano quei miracolosi bigliettini. Ma una volta scoperto l’arcano, i cittadini cominciarono ad osannare il “poeta colorato”, come avevano cominciato a chiamarlo.
Dopo poco tempo tutto il paese era una fantastica collezione di colori. Di tutte le tonalità possibili e immaginabili. Era diventato bellissimo e venivano persino turisti da lontano per visitarlo. Diventò in breve tempo un paese ricco e famoso.


Purtroppo c’era una persona che era rimasta nella sua grigia normalità. Era il classico burocrate da quattro soldi che alla fine sapeva fare solo una cosa: parlare.
E così cominciò! Sentenziava contro tutto quel colore considerandolo una malvagità… una cosa degenere… e qualcuno, stranamente, sembrò dargli peso.
La cosa peggiorò, quando alcuni alberi produssero, invece dei soliti frutti, altri bigliettini del poeta che una volta che toccavano terra, germogliavano in nuovi alberi colorati.
Fu un punto a favore del grigio burocrate che arringò la folla con le sue invettive anticoloriste e pian piano in molti lo seguirono. Usò tutte le sue forze e le sue parole per portare i cittadini dalla sua parte: così fece e alla fine riuscì ad indire una “Riunione generale d’emergenza con tutta la cittadinanza”, come c’era scritto sui manifesti, per risolvere definitivamente la questione.
La riunione nella sala del teatro paesano fu lunga e difficile. Piena di discussione e di urla, ma alla fine la decisione fu presa.
Irrevocabilmente.


Fu così che una triste mattina tutti gli abitanti del paese si incamminarono verso la campagna, anzi, più precisamente, verso l’albero del “poeta colorato”.
Una volta giunti sotto l’albero non sentirono ragioni. Presero le enormi seghe che avevano e cominciarono, a turno con l’altalenante e distruttivo movimento, a segare quell’albero secolare.
Intaccarono così l’albero e piano piano, colpo dopo colpo, l’intaglio era diventato uno spacco. L’albero così iniziò a inclinarsi, non prima però che il poeta scrivesse e lanciasse l’ultimo biglietto.
Ma il taglio ebbe la meglio e schiantò così, facendo un gran frastuono, e il poeta, purtroppo finì la sua esistenza con lui.


Una ragazzina, ai margini del nefasto corteo riuscì a raccogliere quell’ultimo biglietto e fece appena in tempo a metterlo in tasca che tutt’intorno, come per magia, piano piano sparivano tutti i colori e diventava tutto grigio… e di ogni varietà possibile. Alberi, monti, laghi, case, piante, vestiti…. Purtroppo il paese era tornato nella sua grigia normalità.
Tutti contenti e felici i paesani, tornati normali, si riavviarono verso le loro normali case a vivere normalmente la loro vita, ed erano talmente presi della cosa che nessuno si accorgeva, ormai, di tutto quel grigio intorno.


Quella ragazzina si incamminò, come gli altri verso la sua casa, che era un po’ fuori il paese. L’avevano costruita i suoi genitori tanti anni prima. Era la classica casetta rurale con un grande terreno intorno e circondata da un bel muro che la proteggeva. Viveva ormai da sola da quando, purtroppo, loro se ne erano andati in cielo e lei viveva coltivando proprio quel piccolo appezzamento.
Una volta giunta a casa, andò nell’angolo più soleggiato del podere e scavò una fossetta per seppellire quell’ultimo pensiero del grande poeta. Lo fece piangendo. Non poteva accettare che gli avessero fatto fare quella fine.
Non passò molto tempo che dal posto dove aveva seppellito il biglietto spuntasse un germoglio. Un bel germoglio arancione…. completamente arancione.
E crebbe. In poco divenne un bell’alberello che produsse i suoi bei fogliettini colorati che la ragazzina raccolse pazientemente per evitare che se ne volassero via e poi li “seminò” in altre zone del podere.
Non passò tanto che in quel territorio grigio, all’interno di quel muro grigio, tutto fosse meravigliosamente a colori.
Decise di cominciare a conservare e mettere via tutti quei biglietti. Accatastandoli per tempi migliori. Prima o poi la gente avrebbe capito e avrebbe cominciato ad usarli.


La vita nel paese normale girava normalmente e ogni tanto si raccontava, soprattutto ai bambini la storia del “maledetto poeta colorato”.
Tanti di loro ne avevano paura, ma qualcuno, forse più intelligente o chissà cosa ne era affascinato.
Passo del tempo, non saprei dire quanto ma fu così che qualcuno di quei bambini trovò il coraggio e una mattina bussarono a casa della ragazza.


“Ci dai un po’ di quei magici foglietti che li vorremmo far germogliare?”


La normalità in quel momento… tremò!

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