martedì 27 ottobre 2015

Quadri di' tempo che fu


Eccoci. Mancano 40 giorni poco più alla presentazione del mio 
nuovo e stancante lavoro. Era da almeno 5 anni che volevo fare una mostra che rappresentasse la mia città natale, ma dopo vari tentativi falliti, finalmente sono arrivato alla fine del percorso. I quadri sono fatti, o almeno quasi tutti, un paio mancano a l’appello, altri, quelli che avrebbero dovuto essere di dimensioni più che grandi, me li riservo per una seconda parte…. più in là nel tempo. Nasce così “Quadri di’ tempo che fu”, una mostra sulla Firenze che non c’è più, sia in senso metaforico che paesaggistico e sui personaggi che l’hanno vissuta.
Veniamo comunque alla “storia” di questa mostra.
Qualche tempo fa ci siamo ritrovati con Francesco Vinanti, un lontano cugino di cui non avevo conoscenza. Durante una nostra conversazione mi fece un piccolo resoconto delle sue ricerche sulla nostra famiglia e mi colpì la figura di nostri lontani (nel tempo) parenti. Sembravano usciti dai racconti ottocenteschi da me tanto amati.
Fu così un colpo di fulmine.
Le idee che balenavano nella mia mente da tempo e che erano iniziate leggendo gli articoli di un sito web (Firenze Curiosità redatto da Filippo Giovannelli) che racconta la storia fiorentina, e guardando le foto di un gruppo di appassionati, che su Facebook pubblicano foto della Firenze passata (Vecchia Firenze Mia, gestito da Gianni Greco “il G”).
E così le varie idee si erano così unite. Nacque così questo quadro e, con esso, l’idea di un progetto sulla Firenze sparita. Naturalmente nella mia solita visione… onirica.
Queste sono le parole di Francesco che mi ispirarono!
“Il racconto vuol essere una memoria tramandata da alcuni stretti familiari (Ci sono anche Oreste e Faliero delle foto, poveri uomini immersi nella miseria): molti non ci sono più, altri sono ancora in vita. Si tratta di un gruppo di cernitori di spazzatura, vecchi abitanti dell'Isolotto già da prima che nascesse il quartiere Ina-casa. Videro nel modello di chiesa che si era affermato nell'Isolotto nascente un riconoscimento profetico delle loro condizioni di ultimi, di chi da generazioni aveva vissuto nella miseria estrema, tenuti da tutti, in precedenza, a debita distanza come sottoprodotti del genere umano. Il nuovo quartiere offriva inedite opportunità di riscatto e la nuova chiesa la premessa di un profondo rinnovamento. Il libretto del catechismo "Incontro a Gesù" veniva letto, da qualcuno studiato, infine conservato, unitamente ai vecchi attrezzi per l'attività di cernita, come un simbolo con profondi significati legati alla loro vita, alla loro storia e alla loro identità. I fatti che seguirono (preti rimossi e centinaia di parrocchiani denunciati perché in odor di comunismo) furono vissuti come un trauma, come un offesa. Il loro dissenso è stato forte, aspecifico e, apparentemente, silenzioso; la loro spiritualità trasversale e quasi agnostica ma, per quanto ho potuto avvertire, straordinariamente convergente, nei contenuti essenziali, anche con i percorsi successivi all'esperienza del dissenso cattolico…”
Misi così Oreste, col suo carretto, sulla Piazza che era dei fiorentini veri, quelli umili, che lavoravano da mattina a sera per un po’ di pane e di fagioli. La piazza in questione è Piazza del mercato vecchio, fulcro della città per secoli, distrutto in un batter di ciglia dal modernismo ottocentesco e dall’ottusità dei burocrati piemontesi. Di quella piazza di rimangono solo poche foto scolorite, una statua e una Loggia spostata in un’altra piazza della città.
L’intento mio era quello di riproporre quei luoghi dimenticati e riproporli in una mia particolare visione. Speriamo di esserci riuscito. Me lo direte voi!



mercoledì 25 febbraio 2015

Oreste


Non è mia abitudine dare spiegazioni sui miei quadri, ma questa volta voglio fare un’eccezione. Tutto nasce da parenti che manco sapevo di avere.
Ma spieghiamo meglio.
Il mio nonno paterno Angiolo, purtroppo, a causa di una malattia scomparve nel 1933 lasciando il suo piccolissimo figlio Giuliano (il mio babbo) e sua moglie Egle ad affrontare una lunga vita senza di lui. Erano gli anni difficili che ci portarono ad una guerra devastante che distrusse intere famiglie. Fu così, che a parte una sola cugina di mio padre, tutta la mia famiglia, da quella parte, si perse nell’oblio.
Poco tempo va, mi arrivò un messaggio su di un social da parte di una ragazzina che si chiama Martina che mi diceva “Sai, forse noi siamo parenti…”
Così e rinata una parentela o amicizia, come la si vuol chiamare. Ho conosciuto così la sua splendida famiglia e il suo babbo Francesco che mi ha raccontato che stava facendo ricerche per cercare le nostre origini, da dove arriviamo e raccontarne la storia.
Siamo così arrivati ai nostri avi ottocenteschi e mi ha particolarmente colpito una vecchia fotografia di uno zio del mio bisnonno che si chiamava Oreste, che insieme a Faliero facevano gli spazzaturai, come si diceva allora. Vivevano in un quartiere popolare prima ancora che sorgessero i casermoni che dagli anni 50 in poi rivoluzionarono la periferia fiorentina. Era l’Isolotto. Una vita difficile, piena di stenti e miseria, ma comunque onesta e dignitosa e che, con l’aiuto di Preti combattivi e una comunità molto unita riuscirono a riscattarsi. Decisi allora che avrei fatto un quadro Su Oreste e il suo lavoro.
Non trovavo però lo sfondo da utilizzare. Tutti mi sembravano banali, finché un giorno mi sono imbattuto in una foto della mia Firenze che non c’è più. Era la piazza del Mercato Vecchio, distrutta completamente e soprattutto barbariamente, per i lavori di ammodernamento della Firenze Capitale. Era l’immagine giusta.
Il mio quadro parlava proprio di un mondo che non c’era più, sostituendo la povertà ad “una moderna efficenza”. Ma la sua povertà era di quanto di più dignitoso e onesto ci potesse essere… e io la volevo raccontare e dipingere. Certo, con i miei semplici mezzi, e così il quadro è nato.
Oreste Vinanti un pro-prozio che ha vissuto di stenti e dignità. Il quadro è tutto per te.

Con tutto il merito di Francesco e Martina.