martedì 9 luglio 2013

Ciao Stefano

Non posso certo affermare che era un amico... ma più che un conoscente sì!
Ci siamo incontrati tutte le mattine per un paio d’anni intorno al ‘90 a fare colazione in un bar di amici. Passavamo degli inizi di giornata splendidi, sempre all’insegna del sorriso, spessissimo accompagnati dalle barzellette di Giorgio, un amico in comune, che ci faceva morire dal ridere e così partiva la giornata, sempre in ritardo, noi nel nostro laboratorio e lui nel suo campo allo stadio. Ricordo lo zucchero che metteva nei suoi cappuccini... una cosa spropositata, tanto che la ragazza al banco giurava che prima o poi glielo avrebbe fatto pagare il doppio. Mitica fu una mattina che pioveva a dirotto e io e Carla arrivammo li in Vespa... Entrando nel locale col casco in capo e Stefano insieme ad uno dei proprietari esclamarono all’unisono a Carla: “Ciribiribinkodak” come recitava uno slogan pubblicitario di allora, oppure, alla vigilia del mio matrimonio, entrando mi trovai lui, qualche collega viola e gli amici tutti in piedi sui tavolini e sul bancone che mi cantavano in coro: “Salta l’altare, Maurizio salta l’altare....” Ma a parte queste cose divertenti lo voglio ricordare per sempre come un ragazzo splendido con cui si poteva parlare seriamente di ogni cosa e soprattutto mai di calcio!. Era già ricco e famosissimo, ma con noi era una persona splendida. Lo ricorderò per sempre mentre si faceva il nodo alla cravatta... e dico proprio nodo! come si lega un pezzo di corda! Così, con quel nodo montò sul pulmann che l’avrebbe portato a Roma dal Papa chiedendosi perché ci doveva andare, il suo posto era il campetto in mutande. Da quel giorno ci siamo persi, e la malattia se l’è preso e non ce l’ha più reso. Ancora non ho realizzato quel che è successo.... Intanto però ti saluto con un “Ciao Stefano” e come quella mattina, questa volta brontolo io dicendo: “Ma dove vai... il tuo posto sarebbe su questo mondo.... a correre in mutande su prati verdi” come dicevi!

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