domenica 4 settembre 2011

La Rificolona!


La finestra su Piazza delle Cure era la mia finestra sul mondo, e, da lì lo potevo vedere tutto.
Ma il mondo finiva davanti a me con la ferrovia, e sulla mia sinistra con i viali che portavano allo stadio. Da quella parte non si passava, era come se ci fosse stato un enorme muro che soltanto quegli autobus verdognoli, fumosi e rumorosi di tanto tempo fa potevano oltrepassare. Tutto si svolgeva lì, in quella magica piazza.
In questo periodo, allora, si svolgevano febbrili preparativi di guerra totale.
Erano i giorni della Rificolona.
La Rificolona era, (è) una palla di carta colorata di varie forme, con all’interno una candela che nella notte la illuminava facendola sembrare un piccola luna.... un piccolo sole.. una piccola stella. Ma per noi, “guerrieri” di allora, era un bersaglio incredibile.
Cominciavamo con la ricerca della cerbottana giusta, quella perfettamente dritta e, possibilmente di plastica, che era sì di lusso, ma assolutamente precisa. Ma costava, ed i genitori, allora, non è che elargissero così tanti soldi, e te la dovevi sudare. Sì che la dovevi sudare.
Eravamo in quattro. Io, Stefano, Andrea e il piccolo Sergio. Naturalmente avevamo la nostra gerarchia militare; eravamo tre capitani e un soldato semplice: Sergio  il più piccolo e l’unico che purtroppo ci ha già lasciato e credo che con la sua cerbottana ci sia ancora vicino.
C’era tutto il rituale della costruzione del “pirulino”. Il pirulino era un cono di carta, molto affusolato fatto con le schedine del totocalcio, prese di nascosto dal negozio di mio padre barbiere (venivano usate dai barbieri per pulire i rasoi dalla schiuma da barba e io andavo ad aiutarlo a bottega, per far sì, che con le mance, mi potessi comprare la migliore cerbottana sul mercato). Poi una volta ciucciati ben bene in cima e infilati nella cerbottana, i pirulini, diventavano proiettili inesorabili.
...E cominciava così l’allenamento.
Dapprima tentativi in casa con la Rificolona di mia sorella, ma, data la presenza in casa di nonni e genitori, era un’impresa molto rischiosa per cui desistevo quasi subito. Anche perché aveva uno strillo disumano ed era peggio delle sirene della contraerea della seconda guerra mondiale.
Ma il torrente Mugnone ci offriva, con la sua miriade di rane e rospi e gatti, il territorio naturale per l’addestramento.
Da mattina a sera eravamo a “caccia”. Infaticabili e indistruttibili come gli eroi delle Termofili. Onestamente però in tutti quegli anni nessuno di noi ha mai colpito nessun bersaglio.
Finalmente arrivavano i giorni della Rificolona.
Sarebbe stata il 7 settembre, la vigilia della natività della Madonna, ma le bimbe impazienti già nei giorni precedenti obbligavano i loro genitori per uscire di sera con la loro nuova, fiammeggiante e soprattutto immacolata rificolona!
Nel passato a Firenze si svolgeva in Piazza Santissima Annunziata la “Fierucolona”. Dalle campagne venivano pellegrini armati di lanterne di carta improvvisate ed eccentriche, che portavano le loro offerte votive alla Madonna, e quelle lanterne sono rimaste nella tradizione e hanno preso il nome della festa distorcendolo in rificolona.
Con l’imbrunire cominciava il via vai di bambine, circondate da i genitori che sembrava dei gorilla che gli facevano da guardia del corpo. Le proteggevano da attacchi di squadriglie assetate e  organizzate... come la nostra.
Iniziava la caccia. Ma era molto difficile colpirle. Non ci potevamo avvicinare più di tanto (altrimenti erano schiaffi) e, dopo aver sparato un colpo dovevamo scappare a gambe levate inseguiti dai genitori indiavolati all’eccesso! La scusa era sempre la stessa: “Potete colpire gli occhi... vergognatevi delinquenti!!!”. Ma noi non non sbagliavamo mira di tanto e poi mi sa che i genitori erano gelosi della rificolona delle figlie!
Quanti tentativi e quante corse inseguiti. E quanti ruzzoloni con relative ginocchia sbucciate!
Purtroppo erano anche gli anni del Vietnam, ed ispirati dalle immagini del Telegiornale (ce n’era solo uno!) decidemmo di cambiare tattica: Vedendo i  B52 americani decidemmo che avremmo colpito il nemico dall’alto!
Così ci organizzammo. Ognuno alle nostre finestre avrebbe sparato al passaggio di ogni rificolona! E, subito dopo, chiuse le finestre per non farci scoprire. Abitavamo tutti nello stesso palazzo e le finestre davano tutte sulla piazza, e con le persiane abbassate, dalle fessure era impossibile vederci; Una favola!
Al primo passaggio una selva di pirulini si abbattè sulla rificolona di una bimbetta coi capelli rossi e la rificolona magicamente si incendiò. Non lo potrò mai dimenticare.
Colpita!
La nuova tecnica era terribile. Quell’anno ne facemmo fuori tante, senza che i genitori si rendessero conto da dove arrivavano quei terribili ordigni, e soprattutto, vedemmo le odiate bambine che “piangevano” con quel mucchio carta, fuoco e cenere davanti ai loro occhi. Che soddisfazione!
Oggi ricordo con piacere le nostre imprese, figlie di un tempo dove l’immaginazione era al potere. Ma oggi ricordo anche con tristezza i pianti causati a quelle povere bambine, ma allora erano veramente un nemico odioso e insopportabile. I bambini piccoli venivano sempre risparmiati in momenti di compassionevole rimorso.
Ma tutto questo era figlio di un unico disegno che la tradizione ci aveva regalato e, a distanza di tanti anni, ci ritrovo anche un’allusione sessuale molto esplicita a tutto quello che facevamo. Forse era voluta o no, non lo so ma sicuramente era involontaria, e, sinceramente non mi interessa più di tanto.
Sono stati anni stupendi e, veramente con poco, ci divertivamo in modo assoluto... le bimbe un po’ meno!

“Ona Ona, ma che bella rificolona.
La mia l’è co’ fiocchi,
la tua l’è co’ pidocchi...
Ona ona........”

Ciao Sergione

Maurizio

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