lunedì 30 settembre 2013

Capitolo XXIII.

Pinocchio piange la morte della bella Bambina dai Capelli turchini: poi trova un Colombo, che lo porta sulla riva del mare, e lí si getta nell’acqua per andare in aiuto del suo babbo Geppetto.

Oh, ve lo dico sottovoce, ma quando lessi per la prima volta questo capitolo mi misi a piangere: Non ci potevo credere! La fatina Morta! E ora come facevo? ma soprattutto cosa avrebbe fatto Pinocchio? Era il capitolo che ci avevano dato da leggere durante le feste di Natale del 1968... Ma per fortuna era solo una trovata del Collodi per far spaventare Pinocchio che poi andò al mare per trovare Geppetto.
E ci andò volando! Quel colombo che lo trasportò verso il mare mi fece sognare… eccome! La mia mente di bambino svolazzava a destra e a manca, e, probabilmente, una delle origini inconsce dei miei personaggi volanti è proprio lì, ache se so per certo quando e come mi venne l’idea!

Ma il mare, Collodi non l’aveva mai visto e per lui, era quella distesa d’acqua, o più precisamente un padule, che c’era nella piana dell’Osmannoro fino alle bonifiche tardo-ottocentesche. Il “mare” partiva da Sesto ed arrivava fino a Peretola, nella zona dove oggi c’è l’aeroporto ed è anche quella dove io abito. Lì convolgevano tutti i torrenti che scendevano dai monti e ristagnavano in una palude. Il Mare Nostrum! e oltre il mare c’era il mondo di favole tanto caro al Collodi.

sabato 28 settembre 2013

La bandierina tricolore

Mi sono deciso, e, con il mio blocco da disegno e la mia macchina fotografica, me ne sono andato al villaggio dei mondiali di Ciclismo al Campo di Marte a Firenze. Potevo lasciar passare la settimana mondiale senza esserci andato… certo che no!
E così, armato di pazienza, usando i mezzi pubblici ci sono arrivato. C’era il Caos, quello con la C maiuscola. Mi sono trovato immerso in un mondo globale immensamente colorato. C’era di tutto un po’! Olandesi completamenti arancioni da capo a piedi… inglesi con i loro cappelloni colorati e pieni di lustrine. Norvegesi avvolti nelle loro bandiere come se fossero mantelli dei loro avi vichinghi e belgi ciccioni nelle loro iperattillate magliette della nazionale con boccali di birra in mano presi chissà dove! Gli stand offrivano, fra qualcuno di trippa e porchetta, il massimo dell’ipertecnologia. Dalle biciclette megagalattiche a indumenti appositi che pesano meno di 50 grammi… tanto vale pedalare nudi…. Tecnologia alla massima esponenza. Uno stand sfoggiava una mega pista di sabbia! Magico sogno dei miei ricordi fanciulleschi, e li accanto bimbi che, invece di giocarci, spippolavano sui loro telefonini… Che tristezza.
Poi la corsa degli Under 23 (poco tempo fa erano dilettanti). Vedere quei ragazzotti dannarsi l’anima sulle loro bici fantascientifiche sfiorare le transenne di pochi millimetri, sgomitarsi per guadagnare un posto, è un brivido che dura per 7 giri, fino a che un ragazzino appena diciottenne mette la quinta e se ne va da solo. Teniamo presente che tutti gli altri, grazie ad un regolamento assurdo hanno 22, 23 anni e sono già dei professionisti. Comunque resiste e se ne va a vincere da solo a braccia alzate rallentando fino all’inverosimile per godersi ogni attimo di quella vittoria con il rischio di essere ripreso.
Poi la gente comincia a sfollare, e noi con loro.
All’improvviso mi appare davanti un bambino che avrà avuto si e no 6 o 7 anni biondo e minuto con la manina in quella della sua giovanissima mamma, con, nell’altra mano un rametto d’albero preso chissà dove con attaccato sopra un foglio di carta dipinta a matite a cera, la bandiera Italiana. Non me lo sarei mai aspettato.

Li, sul viale d’arrivo ai bambini davano ogni tipo di gadged, e di bandiere avrebbe potuto averne a decine, ma lui, imperterrito, stringeva la sua bandierina “artigianale”! SUPENDO. E’ stata un’emozione incredibile. Mi sono rivisto da piccolo! Pensare poi che 40 anni fa era, diciamo, abbastanza facile farlo. Non è che c’erano tanti mezzi come ora, per cui il suo gesto vale dieci volte tanto. Devo confessare che mi ha emozionato all’inverosimile. Mi piace pensare che fra 40 anni, nei futuri blog iperconnessi, lui racconterà questa giornata ricordando che in quel baraccone colorato, l’unico colore vero l’aveva portato lui!

sabato 21 settembre 2013

I mondiali in casa mia!

Ovvai ci siamo! Questi giorni li ho aspettati tutta una vita, certo, pensando che fosse un sogno irrealizzabile, ma adesso le biciclette sono qui!
Fin da piccolo, giocando sulle piccole mattonelle di granito, che diventavano a seconda della corsa che trasmettevano in quel momento nella televisione in bianco e nero, il Pordoi oppure il lungomare di Viareggio. Ogni mattonella era un percorso della tappa che con i miei dadi e i miei ciclisti di stagno colorati, seguivano passo passo la corsa in tv. Facendo vincere naturalmente i miei idoli di ragazzino, da Basso, Dancelli, Bitossi, Saronni De Vlaeminck, Baronchelli… e via dicendo. Ma la passione per il ciclismo nasce anche sui miei interminabili pomeriggi a correre in bici all’interno di quello che era allora il “mio” mondo.
Guardando il percorso iridato, mi sono infatti accorto di due cose, per me, fondamentali. Primo: Delimita perfettamente quelli che erano “i confini” della mia infanzia, oltre il quale c’era l’ignoto. Come amava dire il Collodi, Noi fiorentini non siamo esseri umani, ma dei vegetali abbarbicati e ben radicati ai selciati delle nostre strade. Oltre le nostre mura c’era l’ignoto, un mondo fantastico fatto di racconti e di viaggi inimmaginabili. E quello era il  “mio” mondo, tutto racchiuso, esattamente, all’interno del percorso. A est lo stadio, dove andavamo a giocare a pallone sotto la curva Ferrovia oppure a volte, a Tennis cercando di colpire la palla. Il Viale dei Mille fino alla linea d’arrivo della corsa, era il nostro (con i cari amici dell’infanzia)  viaggetto pomeridiano, chiacchierando dei nostri progetti, dei nostri sogni e delle varie ragazze di turno. Ma quel viale era anche il tragitto che Bobo, percorreva i 600 metri del viale e se ne andava tutto solo alla Toilette per cani allo stadio a farsi bello e a l titolare non rimaneva che chiamare il padrone per chiedergli che fare. Il nostro amico cane, anche se la parola cane nel suo caso era molto riduttiva. Era un compagno di giochi e come tale era un amico a tutti gli effetti.
A Ovest c’era via Bolognese, che i ciclisti faranno scendendo giù a gran velocità, dove c’è il Giardino della mia infanzia. Il giardino dell’Orticultura con la sua enorme serra ottocentesca in ferro battuto, allora diroccata, e meta di interminabili avventure. Ma c’era ache la Salita dei Roccettini, sulla quale i ciclisti si daranno battaglia, terreno allora delle nostre sfide drammatiche in salita fra biciclette e motorini, nella quale i motorini spesso soccombevano (O fondevano come il Ciao senza variatore… vero Riccardo?)
A Sud la Ferrovia che ci divideva dalla città, come dicevano i vecchi di allora, che consideravano Le Cure, ancora un piccolo paesino attaccato alla grande cittadina. Il ponte sopra la ferrovia, che fra l’altro ha la mia stessa età, era la destinazione domenicale, quando mio nonno mi portava a vedere i treni dal ponte. Era una sensazione incredibile.
A Nord, c’era Fiesole. La sua salita. I miei innumerevoli viaggi fatti per andarci a trovare la mia Carletta. Anche le volte che ci andavo in bicicletta e arrivavo morto.
Quello era il mio mondo. La mia Vita.
Ma come dicevo c’è un altro motivo: Fin da piccolo ho sognato di veder correre il mondiale in quelle “mie” strade. E me lo immaginavo perfettamente come l’hanno ideato. Oddio, io al ponte del Pino avrei girato in via Faentina, ma adesso l’anno chiusa al passaggio a livello e quindi l’unica possibilità è quella che hanno ideato. Dovrei chiederne i diritti di Copyright! Comunque è un sogno che si realizza e so che creerà una valanga di problemi. Il fiorentino ha da ridire a prescindere, e, hanno già cominciato, me compreso, a lamentarsi. Comunque sarà una bellissima festa e come tale andrà vissuta. L’aspetto da una vita. Esattamente dal giorno degli esami di quinta elementare quando all’uscita passarono i ciclisti del giro d’Italia. Quel giorno pensai che i Mondiali a Firenze avrebbero dovuti esserci! Ho aspettato 43 anni e da domani sarà un altro dei miei sogni che si avvera… uno dei tanti! Sono molto fortunato! Purtroppo non abito più la! Abito in una zona perferica, ma passeranno comunque sotto casa, e mi le vedro scorrere velocemente su questa dirittura di ben 15 chilometri. La corsa toccherà anche località a me più care. Lucca, Montecatini, Pistoia, Il San Baronto, luoghi, ognuno dei quali, per me, significativi! E soprattuto non passerà né da Prato né da Pisa… che posso chiedere di più?

martedì 3 settembre 2013

Capitolo XXII.


Pinocchio scopre i ladri, e in ricompensa di essere stato fedele vien posto in libertà.

Si lo so, Melampo era un bricconcello e dentro la storia di Pinocchio non c’è; almeno fisicamente. In realtà è solo  il nome di un cane bravissimo, eccezionale, ma che, sotto sotto, era in realtà disonesto e approfittatore. Ma Melampo, è sempre stato per me, il nome che avrebbero dovuto dare a Dago, il cane lupo di mia nonna Egle. Passavo intere giornate a giocarci, correndo in quel giardino confinante al giardino di Boboli.
Quando l’idea di illustrare Pinocchio si è concretizzata, avevo deciso di disegnare la cuccia con Pinocchio e le faine all’interno di quel giardino di cui posseggo ancora, e gelosamente, una fotografia.
Ma poi è avvenuto un fatto strano, sai, di quelli che ogni tanto mi accadono.
Mentre stavamo facendo la ricognizione collodiana (intesa come paese) pensavo naturalmente ai luoghi dove avrei potuto mettere le varie scene. All’improvviso, dietro un angolo, in una piazzetta mi appare all’improvviso un bel canòne nero bello disteso, inerme a tutto quello che gli capitava intorno: “Melampo” ho pensato immediatamente. Come lui era impassibile alle faine e si accontentava della ricompensa, quello ci lasciava fare tutto accontentandosi di una carezza. Ecco: Quella scena sarebbe diventata all’improvviso la scenografia ideale dell’illustrazione. Certo è stata sofferta. Avevo già iniziato il disegno in altro modo. Vorrà dire che Dago e quel giardino, li ricorderò in altri disegni, in altre storie...