sabato 28 settembre 2013

La bandierina tricolore

Mi sono deciso, e, con il mio blocco da disegno e la mia macchina fotografica, me ne sono andato al villaggio dei mondiali di Ciclismo al Campo di Marte a Firenze. Potevo lasciar passare la settimana mondiale senza esserci andato… certo che no!
E così, armato di pazienza, usando i mezzi pubblici ci sono arrivato. C’era il Caos, quello con la C maiuscola. Mi sono trovato immerso in un mondo globale immensamente colorato. C’era di tutto un po’! Olandesi completamenti arancioni da capo a piedi… inglesi con i loro cappelloni colorati e pieni di lustrine. Norvegesi avvolti nelle loro bandiere come se fossero mantelli dei loro avi vichinghi e belgi ciccioni nelle loro iperattillate magliette della nazionale con boccali di birra in mano presi chissà dove! Gli stand offrivano, fra qualcuno di trippa e porchetta, il massimo dell’ipertecnologia. Dalle biciclette megagalattiche a indumenti appositi che pesano meno di 50 grammi… tanto vale pedalare nudi…. Tecnologia alla massima esponenza. Uno stand sfoggiava una mega pista di sabbia! Magico sogno dei miei ricordi fanciulleschi, e li accanto bimbi che, invece di giocarci, spippolavano sui loro telefonini… Che tristezza.
Poi la corsa degli Under 23 (poco tempo fa erano dilettanti). Vedere quei ragazzotti dannarsi l’anima sulle loro bici fantascientifiche sfiorare le transenne di pochi millimetri, sgomitarsi per guadagnare un posto, è un brivido che dura per 7 giri, fino a che un ragazzino appena diciottenne mette la quinta e se ne va da solo. Teniamo presente che tutti gli altri, grazie ad un regolamento assurdo hanno 22, 23 anni e sono già dei professionisti. Comunque resiste e se ne va a vincere da solo a braccia alzate rallentando fino all’inverosimile per godersi ogni attimo di quella vittoria con il rischio di essere ripreso.
Poi la gente comincia a sfollare, e noi con loro.
All’improvviso mi appare davanti un bambino che avrà avuto si e no 6 o 7 anni biondo e minuto con la manina in quella della sua giovanissima mamma, con, nell’altra mano un rametto d’albero preso chissà dove con attaccato sopra un foglio di carta dipinta a matite a cera, la bandiera Italiana. Non me lo sarei mai aspettato.

Li, sul viale d’arrivo ai bambini davano ogni tipo di gadged, e di bandiere avrebbe potuto averne a decine, ma lui, imperterrito, stringeva la sua bandierina “artigianale”! SUPENDO. E’ stata un’emozione incredibile. Mi sono rivisto da piccolo! Pensare poi che 40 anni fa era, diciamo, abbastanza facile farlo. Non è che c’erano tanti mezzi come ora, per cui il suo gesto vale dieci volte tanto. Devo confessare che mi ha emozionato all’inverosimile. Mi piace pensare che fra 40 anni, nei futuri blog iperconnessi, lui racconterà questa giornata ricordando che in quel baraccone colorato, l’unico colore vero l’aveva portato lui!

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