martedì 3 settembre 2013

Capitolo XXII.


Pinocchio scopre i ladri, e in ricompensa di essere stato fedele vien posto in libertà.

Si lo so, Melampo era un bricconcello e dentro la storia di Pinocchio non c’è; almeno fisicamente. In realtà è solo  il nome di un cane bravissimo, eccezionale, ma che, sotto sotto, era in realtà disonesto e approfittatore. Ma Melampo, è sempre stato per me, il nome che avrebbero dovuto dare a Dago, il cane lupo di mia nonna Egle. Passavo intere giornate a giocarci, correndo in quel giardino confinante al giardino di Boboli.
Quando l’idea di illustrare Pinocchio si è concretizzata, avevo deciso di disegnare la cuccia con Pinocchio e le faine all’interno di quel giardino di cui posseggo ancora, e gelosamente, una fotografia.
Ma poi è avvenuto un fatto strano, sai, di quelli che ogni tanto mi accadono.
Mentre stavamo facendo la ricognizione collodiana (intesa come paese) pensavo naturalmente ai luoghi dove avrei potuto mettere le varie scene. All’improvviso, dietro un angolo, in una piazzetta mi appare all’improvviso un bel canòne nero bello disteso, inerme a tutto quello che gli capitava intorno: “Melampo” ho pensato immediatamente. Come lui era impassibile alle faine e si accontentava della ricompensa, quello ci lasciava fare tutto accontentandosi di una carezza. Ecco: Quella scena sarebbe diventata all’improvviso la scenografia ideale dell’illustrazione. Certo è stata sofferta. Avevo già iniziato il disegno in altro modo. Vorrà dire che Dago e quel giardino, li ricorderò in altri disegni, in altre storie...

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