mercoledì 19 ottobre 2011

A Teatro



Di sicuro era di lunedì. Dato che il mi’ babbo faceva il parruchiere e il lunedì era il suo giorno libero. E quel giorno come tutti i lunedì, cascasse il mondo, era dedicato a me; mi faceva montare sulla “bianchina” e via, a giro per le colline fiorentine, a caccia di prati dove giocare a pallone. Un lunedì mattina però fu diverso, la direzione non era la stessa, andavamo sicuramente verso il centro di Firenze, e più precisamente, verso i Lungarni.
Infatti, parcheggiammo proprio lungo l’Arno e mi disse: “Ti porto da mio cugino!”
Andammo in una strada parellela  e davanti ad un portone immenso c’erano dei camion con un viavai pazzesco. Ci infilammo tra quella gente ed entrammo dentro a quell’antro immenso!
Rimasi di sasso. Credevo di sognare. Davanti a me c’era una parete enorme piena di dorati e sfavillanti geroglifici. C’erano tutti colori possibili e immaginabili e li potevo anche toccare. C’erano anche due leoni d’oro con le ali che non m’incutevano terrore... ma meraviglia. E poi, vestiti, armi, costruzioni di ogni tipo... stoffe.... corde... luci. Credevo di sognare, e... tremavo dall’emozione.
Il cugino del babbo era il direttore delle luci al Teatro Comunale di Firenze, o, più precisamente, lo sarebbe divenuto un bel po’ d’anni dopo, allora era un semplice caposquadra. Aveva chiesto di portarmi quel giorno perché avrebbero allestito una nuova opera e tutti gli operai sceneggiatori al lavoro mi avrebbero sicuramente incuriosito... visto che disegnavo sempre!
Infatti passato il magazzino, entrammo in teatro, sotto il palco. Li, i pittori disegnavano su una parete enorme una gigante nave da guerra, e al che mi tremarono le gambe. Poi fiori, alberi e casette strane che sembravano di carta. In un angolo due persone vestite in modo “ridicolo” agli occhi di un bambino, con la donna con la faccia completamente bianca, mentre delle sartine sembravano cucirgli addosso quegli abiti, quelli in costume canticchiavano strillando.
Luci che si accendevano e si spegnevano. Qualcuna che scoppiava e ci faceva saltare dallo spavento. Rumore di martelli, seghe, urla concitate. Sembrava d’essere al mercato della fantasia. Era un mondo fantastico. Mi rimarrà sempre tutto in mente, compreso gli odori. Un misto di legno, tessuti umidi e ammuffiti, colle, vernici e saldature. Sarà sempre un ricordo indelebile nella mia mente. Forse è anche li che i miei quadri sono nati. In fondo il mio mondo sognante è pura immaginazione, come quella degli “artisti” che vidi lavorare su quel palco. I colori erano proprio quelli. Gli omini volanti no... sono un’altra storia...
Questa rimarrà una tappa fondamentale della mia vita.
Solo parecchi anni dopo tornai al comunale, sempre invitato dal cugino. Alle prove generali delle varie opere c’ero sempre e li nacque l’amore per Puccini, e la sua casa a Torre del lago era per me un posto fantastico, dalle cui mura uscivano dolci melodie. Addirittura mi capitò di vedere per 5 serate consecutive la Butterfly,  che era stato il mio sogno da bambino (facevo parte della claque, ma mi perdevo sempre, non nella musica, ma nelle scenografie).
Poi lo sceneggiato su Puccini mi fece definitivamente adorare quel mondo, e anni dopo, per un pelo, non ne feci parte come scenografo. Ma solo perché la pittura ne aveva preso il sopravvento.
“Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo sull'estremo
confin del mare.
E poi la nave appare
e poi la nave è bianca.
Entra nel porto, romba il suo saluto.”

Maurizio (Firenze 1 maggio 2009)

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