domenica 13 maggio 2012

Il bambino e la libellula

Andava girando, saettando da una parte all’altra di una radura, dentro e ai limiti del bosco. Volava senza pace, fermandosi ogni tanto, immobile nell’aria, ad osservare il mondo che la circondava. Non aveva pace. E allora ripartiva volando repentinamente in alto e si rifermava, guardando. Poi ancora in volo e, quelle sue tenere ali, riflettevano il sole tanto che sembravano saette luminose. Era bellissima, piena di colori luminescenti e sembrava una trottola. Girava impazzita alla ricerca di qualcosa, forse della vita stessa. Non aveva pace. E per un tempo interminabile non si fermò mai, sempre alla ricerca, di qualcosa, di qualcuno. Passavano i giorni e le stagioni e lei, sempre li, cercando e cercando. Non c’era luogo che lei non avesse visto, che non avesse osservato. Le sue splendide alette, non avevano pace, e volava. di continuo... la vita sfiorava.
Un giorno, d’alto, vide una macchia colorata e vistosa. Era un bimbo che giocava tranquillo e beato con i suoi secchielli e le formine colorate. Si avvicinò circospetta e si piantò nell’aria proprio davanti a lui. Il bimbo sentendo il rumore che le sue piccole ali provocavano, alzò lentamente gli occhi e la guardò stupito. Era bellissima, e anche lei non poté fare a meno di ricambiare quel sentimento. Lentamente il bimbo protese la mano verso di lei con i palmi rivolti verso il cielo, e attese. Lei capì subito le sue intenzioni e si mosse, piano piano, verso quell’innocente manina. E ci si posò, delicatamente. Lui chinò la sua testa e la baciò con tenerezza e delicatezza. Lei allora strinse le sue magre zampette su di un dito, chiuse gli occhi e si appisolò, stanca del suo lungo viaggio e della sua eterna ricerca. Era arrivata.
Ora riposava beata, felice, si sentiva in pace col mondo e con tutto. E forse sognava... la vita.

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