mercoledì 29 gennaio 2014

Capitolo XXXV.


Pinocchio ritrova in corpo al Pesce-cane... chi ritrova? Leggete questo
Capitolo e lo saprete.

Questo capitolo non m’è mai piaciuto! Non so perché. Forse perché insiste sul buio e io il buio lo odio e il capitolo si svolge quasi tutto al buio (e lo ripeto di continuo quasi esorcizzandolo). Amo i colori, la luce, e questo, sicuramente lo avrete certamente capito da i miei lavori. Poi, rimasto scioccato dallo squalo imbalsamato, non avevo proprio tanta voglia di leggerlo. Pinocchio, sì, ritrovava il suo Babbo, ma in fondo era un babbo finto… non poteva esserlo… Pinocchio era di legno. E poi c’era il mare… l’acqua… e io, come per il buio, non la amo particolarmente! Fosse solo per tutta quella che ho bevuto tutte le volte che ho cercato, invano, di nuotare. Visto dal fuori, invece il mare lo adoro! Quello spazio sconfinato che mi fa immaginare dall’altra parte mondi immaginati. Come diceva in un suo saggio, il Collodi, Noi Fiorentini siamo vegetali abbarbicati ai selciati della nostra città. E tutto quello che c’è al di la delle mura, è un mondo di sogno, di fantasia. Ecco, quello è per me il mare: Una strada per andare in un altro mondo… immaginato… fantastico.

mercoledì 22 gennaio 2014

Capitolo XXXIV.

Pinocchio, gettato in mare, è mangiato dai pesci e ritorna ad essere un burattino come prima: ma mentre nuota per salvarsi, è ingojato dal terribile Pesce-cane.

E Pesce-cane fu! Anzi balena; no! Pesce-cane e basta. E’ un continuo sentirmi parlare della balena. Non ne posso più. Fin da piccolo è stato un continuo, sfiancante, terribile asserire: Pinocchio è stato ingoiato da una balena! Ma dove?, ma quando mai? Pinocchio fu ingoiato dal Pesce-cane e basta! All’epoca del Collodi era considerato, non solo il più feroce, ma anche il più grande! In effetti lo squalo balena è in realtà gigantesco. Ma veniamo a noi, mi fa sorridere pensare che il Collodi per pesce-cane si ispirasse ad un tenore (fallito) napoletano. Diventato poi uno strozzino famoso a Firenze, fu apostrofato a più riprese dal Collodi come un vero, terribile, Pesce-cane.
Ricordo che tanto tempo fa, in Piazza Beccaria c’era un cinema-teatro, la, dove ore c’è l’Archivio di Stato, e, non so per quale occasione, fu portato dentro proprio un “terribile” squalo-balena imbalsamato. Ricordo che era un lunedì sera ed un parente del mio babbo facendo il bigliettaio, ci fece entrare subito dopo la chiusura. Trovarmi li davanti, nell’atrio lungo e buio, con quella boccaccia spalancata mi fece una paura terribile e me lo sognai per mesi! E ancora oggi ogni tanto ci ripenso… sorridendo, certo, ma quel brivido provato me lo ricordo ancora.Quindi, quella bocca spalancata, poteva poi non finire nel mio disegno? Ma certo che no!

giovedì 9 gennaio 2014

Capitolo XXXII.

A Pinocchio gli vengono gli orecchi di ciuco, e poi diventa un ciuchino vero e comincia a ragliare.

Fu così che una bella mattina la Maestra Massaro mi chiamò alla lavagna per fare delle moltiplicazioni. Ero in quarta o quinta elementare, non ricordo bene, ma mi ricordo esattamente, parola per parola, attimo per attimo. Non me lo sarei più scordato.
- “Vinanti alla lavagna” - sentenziò la maestra.
Io mi alzai e a rallentatore, sperando che suonasse la campanella, mi avvia verso la cattedra.
- “Su! Scrivi 5 per 0 e poi il risultato dell’operazione”.
ci pensai un bel po’, calcolando che se io avevo 5 mele e l’avessi moltiplicate per nessuno me ne sarebbero rimaste 5! Sicuro! Faceva 5. E lo scrissi orgoglioso sulla lavagna. Un bel 5 bello ghirigorato!
- ”Vinanti, non ci siamo proprio. Giocassi con le figurine un po’ meno mentre spiego non avresti sbagliato. A posto e dammi il quaderno che ti metto un bello zero!”
Stupidamente commentai ad alta voce: - “Lo zero un vale nulla quindi è come se non mi avesse dato nessun voto…”
Si arrabbiò come una iena. E oltre lo zero mi beccai anche una bella nota, che la sera mestamente feci firmare al mi’ babbo. E la sera dagli angolini della sua bocca vidi una specie di smorfia sorridente… stavo diventando impertinente come lui.
La notte fu un incubo. Lo zero, la nota, la mamma e il nonno che mi davano del ciuco… passai la nottata toccandomi gli orecchi… ma non crescerono! E la mattina dopo pensai: “Chissà forse 5 per 0 fa davvero 5… la maestra forse aveva torto. Chissà? Ma da quel giorno una cosa avvenne. Cominciò il mio odio profondo per la matematica!

mercoledì 8 gennaio 2014

Capitolo XXXI.


Dopo cinque mesi di cuccagna, Pinocchio con sua gran maraviglia, sente spuntarsi un bel pajo d’orecchie asinine, e diventa un ciuchino, con la coda e tutto.

Boboli!
Si, il giardino di Boboli era, e rimarrà per sempre nella mia mente il Paese dei Balocchi. Mia nonna Egle abitava in via Romana, e aveva un giardino confinante proprio con Boboli. Quando andavo da lei, mi ci portava. E come vi entravo cominciava l’avventura. Armato col mio elmetto e l’M16 in riproduzione perfetta, mi incontravo con gli amici di turno e ci dividevamo in due gruppi, i buoni e i cattivi! Naturalmente i cattivi erano sempre gli altri (come noi lo eravamo per loro) e ci sceglievamo a simpatia. Quelli simpatici da una parte e gli antipatici dall’altra; e viceversa. E cominciava così un lungo pomeriggio di agguati, su e giù per le strade sterrate del giardino, infrattandosi fra le siepi d’alloro e nascondendoci nelle isolette rinascimentali. (se ci beccavano i guardiani era un guaio!). A volte riuscivano ad entrare nei sotterranei delle mura del forte Belvedere ed era un brivido immenso. Lì la guerra l’avevano fatto davvero. A volte capitava di trovare qualche coppietta che in mezzo alle siepi faceva “ginnastica di coppia” seminudi e noi ci precipitavamo per farli spaventare con i nostri fucili spianati! Ma poi ci toccava scappare via. Altre volte facevamo agguati a quelle cose isteriche e piagnucolose con le treccine… gli rubavamo le bambole e le giustiziavamo a colpi di Bang Bang,. Io no! Il mio M16 aveva 48 fulminanti incorporati e faceva un fracasso dell’anima!
Poi all’improvviso, da lontano si udivano le voci di mamme, babbi e nonni che ci chiamavano a ripetizione e calava la tregua… per un pezzo di schiacciata con l’olio si poteva ben smettere e, pieni di graffi e sbucciature tornavamo all’ovile pienamente soddisfatti. Un po’ meno i genitori che ci dovevano pulire. Ebbene si. Quello era il paese dei balocchi e nelle mie illustrazioni ci sarebbe finito.
Come sono triste per tutti quei bimbi che oggi le giornate le passano con i giochini elettronici. Peccato, non sanno, non sapranno mai e soprattutto non capiranno cosa si sono persi!