domenica 16 dicembre 2012

Quel Pinocchio di Maurizio Vinanti

Eccoci. Ormai ci siamo. Mancano poco più di tre settimane alla mostra “Quel Pinocchio di Maurizio Vinanti”.
E’ stato un lungo anno di lavoro da quando un’amica mi disse se avevo mai dipinto qualcosa su Pinocchio facendomi scoccare la scintilla e portandomi anche nei luoghi originari del Lorenzini. Poi il Dottor Stoppioni mi sfidò proponendomi, dopo la mostra al Palagio di Parte Guelfa del 2011,  di tornare a distanza di un anno con un lavoro su Pinocchio. Presi in seria considerazione la cosa, e mi misi subito al lavoro, dando vita ad un sogno che avevo fin da bambino. Illustrare Pinocchio.
Ma non potevo però “illustrare” le avventure di Pinocchio dato che non è il mio mestiere, ed allora ho cercato che fosse Pinocchio a illustrare i miei quadri! Mi spiego meglio. Non volevo che le mie opere fossero la mera rappresentazione dei capitoli della fiaba collodiana, ma che ogni quadro, uno per capitolo, fosse lo specchio delle sensazioni e delle emozioni che fin da piccolo mi avevano ispirato. Ho cercato, non sapendo se riuscendoci o no, di vivere con la mia arte, ogni singolo capitolo. Sognando i vari personaggi e immaginandoli come persone che hanno circondato la mia vita da sempre. Le ambientazioni di luoghi a me cari e suggestivi dove io ho sempre immaginato che le storie si siano svolte.
Devo proprio ringraziare tutti quelli che “involontariamente” hanno contribuito ad essere rappresentati. Quasi tutti non lo sanno, ma ci sono. C’è Geppetto, il mio adorato nonno, Mastro Ciliegia, dispettoso come i’ mi’ babbo. Il Direttore del Circo, che ha diretto tutto questo lavoro fin dall’inizio. Il Grillo parlante che mi segue continuamente nella mia avventura. La Fata, una persona splendida, il Gatto e la Volpe, due amici spregevoli. Il Pescecane.... si che c’è esiste. Ognuno potrà specchiarsi e rivedersi. A Voi il divertimento!
Per cui penso che ognuno dei trentasei quadri che ho fatto, sia autonomo e leggibile come una mia qualunque opera. Certo, non sempre riuscendoci, ma credo di aver centrato l’obiettivo.
E’ stato un lungo e piacevole gioco dipingerli, ed ora rimane soltanto da esporli e vedere se le mie emozioni riusciranno ad esservi trasmesse. Credo proprio che, in fondo, non sia una mostra su Pinocchio, ma proprio sulla mia vita. Pinocchio mi ha accompagnato fin da piccolo, dal libro su cui ho imparato a leggere e mi ha fatto sognare copiandone le illustrazioni dei vari autori e imparandoci anche a disegnare. La musica con il disco che più ho amato e consumato ha accompagnato la mia adolescenza. Le riletture, più e più volte trovandoci sempre nuovi messaggi e nuovi spunti.
E in fondo, probabilmente, Quel Pinocchio di Maurizio Vinanti sono proprio io! Un burattino senza fili cresciuto e con il viziaccio della pittura.
Allora vi aspetto tutti il 5 Gennaio a mezzogiorno nella sala dei Consoli alla Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa.
Per il momento vi auguro un Felice Natale.

Maurizio




venerdì 26 ottobre 2012

Ma tornerà l’estate














Ecco, ci siamo.
Come in un sinistro presagio,
arriva così, all’improvviso.
Con il suo bel cappottone bianco
ricopre tutto il tuo mondo,
e ti mette in uno stato,
di attesa apparente.
Certo se avessi guardato il cielo,
avresti pure capito che l’aria era più fina.
La notte, le tre stelle di Orione,
ormai da un po’ segnano l’orizzonte.
Forse sono le ultime ore di tepore.
Passerai questi lunghi e bui mesi
ad aspettare un risveglio.
Sognando caldo, sole e mare.
Ma tornerà l’estate!
E sarà ancora più bella,
dopo averla desiderata così tanto
per un’intera stagione.

venerdì 19 ottobre 2012

Puoi






















Puoi vivere in una casa
dove la mattina entra l’aria fresca
che scende dalle montagne.

Puoi anche vivere in una
dove la notte dalle finestre
entra la salmastra brezza marina.

Puoi vivere in una casa lussosa
piena di ozi e di tesori,
e in un’altra persino di mobili di cartone.

Puoi vivere in una casa
che dà su una ferrovia,
con treni serpeggianti verso il destino.

Puoi magari vivere su un porto
dove le navi partono solcando
onde e mari in cerca d’avventura,

Ma ricorda che c’è soltanto una casa;
quella che per te ho costruito
in fondo al mio cuore.

venerdì 12 ottobre 2012

Il Mare

Comincia con un movimento lento
quasi impercettibile
accarezzando piano la riva.

La tocca,
la avvolge,
la abbraccia.
con un gioco di sfioramenti

Poi, all’improvviso, arriva la prima toccata,
dolce,
sullo scoglio,
e  poi, lentamente,
si ritrae,
riprendendo fiato.

Poi si ingrossa
e un altro colpo ancora,
e, piano piano,
nuovamente si ritira.

Poi ancora un’altra volta,
più potente
e poi
ancora,
e ancora,...
e ancora...

Aumenta il vortice.

Di passione in passione sale,
esi rinfrange ancora sulla terra.
Non un momento di pausa
ma un continuo aumentare.

Poi finalmente un suono improvviso,
che diventa gemito,
fragoroso aumenta.

La risacca,
sempre più breve,
dura appena un attimo.
Fino a che,
nel momento più bello,
L’onda esplode
in schiuma bianca e leggera.
Si insinua tra gli scogli,
come fecondandone la terra.

E poi
piano piano,
si placa,
rallenta la sua corsa.

Si ritrae.

Piano piano.

Si ferma.

Soddisfatto.

venerdì 14 settembre 2012

Colorando il Neri

Eccoci. Stasera si va dall'amico Simone a montare questa mostra. 
Ci sono voluti 50 anni perché arrivassi a fare queste opere. Non avete idea di quante volte ho provato. Tanti materiali buttati, tanti tipi di supporti che, inevitabilmente, sono finiti alla spazzatura.
Non è che non mi accontentavo. Venivano fuori proprio delle cose orribili. Poi all'improvviso, per "colpa" di mia nipote Camilla tutto è scoppiato e sono nate queste "umili" cose. Non saprei in che altro modo chiamarle, anche per non svelare troppo prima di domattina. Chi avrà la voglia di venire a vederle rimarrà stupito di questi miei lavori (sia nel bene che nel male!). 
Naturalmente ci saranno anche dei miei soliti lavori, ma su quelli non ho dubbi, mi piacciono da morire. Vedremo!
Vogliò però ringraziare Simone Bellesi che ospiterà questo evento. Già deve sopportare tutti i giorni le mie opere esposte nel suo locale, e da domani ne sarà invaso.
Vi ringrazio tutti anticipatamente, anche chi non potrà essere presente ma sarà comunque li con me col cuore!
Vi aspetto tutti, numerosi. Non mancate. 
A domattina!... prestissimo
                           Maurizio 

sabato 1 settembre 2012

Settembre

















E arriva settembre.
Il caldo della sua presenza ti avvolge
certo, non come in precedenza,
ma, sicuramente ti prende.
Ti abbraccia calorosamente,
ti inebria con la sua fresca brezza mattutina
correndo sui prati pieni di rugiada.
A volte s’inquieta,
e con vento e pioggia ti stordisce.
Lampi, tuoni e pioggia,
rovesciati addosso con furia immensa,
ma poi si placa.
Senza mai lasciarti.
Ti fa sognare con doni inebrianti,
riempiendoti  i calici di vino e ti stordisce.
Poi pian piano colora di giallo la campagna,
indica la strada agli uccelli migratori,
i cieli si colorano di un blu intenso,
e l’aria lentamente si raffresca.
E ti culla cantandoti una nenia,
accompagnandoti, sorniona,
all’arrivo di una stagione nuova!

mercoledì 18 luglio 2012

Il bambino e la luna

Il nonno se ne stava li, affossato sul divano, leggendosi le notizie ormai vecchie della giornata. Il nipotino, invece, davanti alla sua inseparabile televisione, guardava i suoi cartoni preferiti, sognando, fantasticando. La sera era ormai inoltrata e, visto che il cielo era terso e la tramontana aveva spazzato via ogni briciolo di nuvola, il nonno decise di portare fuori il nipotino a “rimirar le stelle”.
Prese allora il piccoletto, gli mise su il suo bel cappottone colorato, il suol berretto e uscirono fuori, sfidando quell’aria frizzantina.
Cercarono un punto più buio, dove la luce non potesse dar fastidio al loro sguardo e alzarono gli occhi al cielo. Ma di stelle se ne vedevano poche, perché la luna, che era splendidamente piena, illuminava ogni angolo del cielo e nascondeva così tutte le stelle. Il nonno non si perse d’animo e, vista l’occasione, cominciò a raccontare al nipotino la luna!
Degli uomini c’erano stati, tanto tempo fa. Erano andati con delle astronavi, avevano raccolto tanti sassi ed erano ritornati sulla terra riportando foto straordinarie e indimenticabili! Poi gli spiegò che la luna era fatta di pietre, basalti, polvere di silice e tantissimi metalli. Un giorno sarebbe stata la nostra riserva mineraria.
Il bambino che fino a quel momento era stato in silenzio ad ascoltare, guardò il nonno, e sommessamente iniziò a parlare:
“No nonno. Non credo proprio che gli uomini ci siano mai andati. Se fosse vero avrebbero trovato le anime dei bambini che stanno nascendo. Sono quelle anime che illuminano la luna. Vedi, adesso e piena, ma piano piano inizierà a svuotarsi e i bimbi inizieranno a nascere. Quando sarà vuota, piano piano, si riempirà di nuove anime e la renderà luminosa come adesso. E a quel punto i bimbi ricominceranno a nascere. Sono loro che illuminano le nostre notti. Il nostro cammino. Sono loro che fanno innamorare i cuori teneri e così, uno di loro, riesce a entrargli dentro e può così nascere. E’ un ciclo continuo che va avanti da sempre. Qualcuno riesce a vederlo, ma sono talmenti pochi che a volte vengono derisi e chiamati sognatori, se non, addirittura, matti. Il problema di voi grandi è che vedete solo e soltanto l’apparenza... la sostanza... e non andate mai oltre. C’è un mondo che non riuscirete mai a vedere, a comprendere. Un mondo fatto di sogni, fantasia, immaginazione e giochi! E io voglio rimanere bambino, per sempre. Non voglio diventare grande e arido. Soltanto quando anche gli adulti useranno la fantasia per vivere, quello sarà un bel mondo per crescere... e diventare grandi!”

Maurizio

sabato 7 luglio 2012

Il bosone e la poesia mai scritta

Volevo scriverti una poesia. Sono settimane che ci lavoravo su. Un pezzetto alla volta, rimettendo a posto qua e la. E poi ti arriva questo bosone, e la poesia va a farsi benedire!
Mi chiederai che c’entra il bosone con una poesia? centra... centra. E poi, mi domando,: Ma Higgs ha aspettato per 48 anni, non poteva aspettare un altro po’? Dico, una settimana o due che gli costava? e io nel frattempo avrei completato la poesia.
La poesia si basava sulla teoria degli universi paralleli.
Dato che la massa dell’universo ha un peso infinitesimale rispetto alla sua dimensione c’è chi pensava che fosse dovuto alla presenza di altri universi paralleli che esistono nello stesso luogo del nostro, una sorta di altre dimensioni della nostra esistenza.
E su questo che volevo scriverti la mia poesia. Ma poi, è arrivato il bosone, che prendendosi tutto lo spazio mancante dell’universo, ha mandato all’aria la teoria e le mie parole.
Poi, mi domando, ma è possibile chiamare bosone una cosa infinitamente piccola, semmai bosino... sarebbe stato più corretto. Questi scienziati farebbero bene a usare poco la fantasia... non ne sono troppo provvisti. Anzi, diciamolo, la quantità è tale che è paragonabile alla grandezza del bosone stesso.
Certo, questa è una spiegazione semplicistica fatta da un misero pittore che poco sa di astrofisica, e ne cerca soltanto la parte, a me più cara, che è quella metafisica. D’altra parte chi mi può contraddire? Io astrofisici non ne conosco quindi.... Urca... c’è di sicuro uno che lo può fare! Poi, domandandomi che aspetto potrebbe mai avere un bosone mi do anche due risposte: Demetrio! Bello rotondetto, con la voce squillante pronto a dire: “Gli universi paralleli  non esistono, caro signor sottutto!” Proprio così sarebbe. Ce le vedo proprio, vestito di nero, attillato, come Diabolik con una B luminosa sul petto: Eccoti il bosondemetrio.
Ma ripeto... proprio ora lo trovano, dopo 48 anni. (che sono all’incirca gli anni che il bosondemetrio lo conosco!)
Ma torniamo alla mia poesia. Mi sarebbe piaciuto scriverti che proprio in questo momento, mentre sto divagando tra  i miei stupidi pensieri, in un altro universo noi, adesso, magari stiamo passeggiando in un parco. Magari in un altro non ci siamo mai conosciuti. In un altro invece  persi e ritrovati. In questo preciso attimo potremmo essere beati su una spiaggia tropicale e in un altro potremmo addirittura incontrarci per strada ed ignorarci (credo che comunque questo sarebbe impossibile!). Potremmo addirittura non esistere in un altro universo e in un altro ancora potremmo fare appassionatamente all’... beh, diciamo, svolgere mansioni procreative. Potremmo ricordare i nostri momenti felici, potremmo correre mano mano su una bianca spiaggia. In un altro universo potrei essere Leonardo e tu la mia Gioconda (anche se intimamente sappiamo che lo siamo)
Comunque a me piace immaginare che, in questo attimo preciso, noi ci stiamo abbracciando e l’abbraccio è la cosa fondamentale. E’ un alchimia che nessuno scienziato mai potrà spiegare. Si uniscono i corpi e fondono i loro calori, le loro energie; l’abbraccio è l’inizio di ogni atto d’amore, di ogni consolazione, di ogni desiderio e di ogni ringraziamento. Ed è per questo che il nostro abbraccio, da qualche parte, in qualunque luogo esso sia, in questo momento, c’è!, e mi rende felice.
Questo volevo scriverti!, ma è arrivato il bosondemetrio e mi ha rovinato tutto.
Alla fine pensavo... ma la scienza si evolve via via, e sicuramente i miei universi paralleli torneranno di moda e se scopriranno che i neutrini sono più veloci davvero della luce anche il bosone andrà a farsi benedire. A quel punto la poesia te la scriverò con tutto l’amore possibile.!
A proposito... l’aspetto dei neutrini ce l’ho in testa proprio.... Hanno l’aspetto di Monica! Le sue frecciate al curaro, la velocità della luce la battono... eccome.
Però... e se fosse vera la storia dei neutrini e l’hanno minimizzata a favore dei bosoni?.... sai che faccio? la poesia te la scrivo... Un si sa mai!


venerdì 6 luglio 2012

L'arcobaleno














Aspettando che passi la pioggia,
capita a volte di guardare le nuvole
che, allontanandosi,
lasciano in dono,
mentre il sole ci fa capolino,
un colorato arco di  luce.

Iride splendido
che invoglia a inseguirlo,
correndo follemente e raggiungerlo
e così trovarne l’origine,
e poi, ingenuamente, provare a rubarlo,
e come un gioiello,
fartene dono!
Con il suo rosso ci colorerei le tue labbra
per farle splendenti più di quel che già sono.



L’arancio lo trasformerei in un velo
per farci un vestito,
che ti renda infinitamente più bella.

Col giallo illuminerei il tuo incarnato,
per farlo di un caldo brillante
e renderlo come il sole splendente.

Col verde farei invece un bel prato
dove poggiare il tuo dolce cammino
e colorarne così i tuoi stanchi passi.

Coll’indaco colorerei invece i tuoi occhi,
come un ombretto splendente e lucente
per renderli due gemme preziose

Poi col blu ti farei un bel fiocco,

per legarti i tuoi lunghi capelli,
e avvolgerli in una treccia di luce..

Infine col violetto una bella ghirlanda
di viole per cingerti il capo
a mo’ di corona regale.

Ma non c’è colore che basti,
ch’io possa usare,
comprare o rubare.
né gioiello,
né oro,
né niente....
per cambiare la semplicità del tuo mondo
del tuo essere donna,
del tuo essere viva.

lunedì 18 giugno 2012

Gioiello di stelle































Vorrei saper soffiare il vetro
e creare così una scatolina di cristallo.
La farei bellissima e meravigliosa come uno splendido gioiello.
Dentro ci metterei le stelle più luminose dell’universo,
le supernove e le galassie risplendenti.
Prenderei poi le nebulose colorate,
e tutti quanti i gas interstellari.
Riempirei così la scatolina,
Inverosimilmente colma di splendidi tesori.
Infine ci metterei anche la cometa più brillante,
che con la sua scia luminosa completerebbe quel magico splendore.
Allora con gli anelli di Saturno ci farei una piccola collana
a cui attaccherei l’illuminata scatolina.
Infine passerei tra i tuoi capelli la collana
e poserei quel gioiello risplendente sul tuo petto.
Illuminerebbe sì, il tuo volto,
ma non potrebbe mai eguagliare
lo splendore che emana il tuo bellissimo sorriso.

domenica 10 giugno 2012

La maglietta della Sampdoria

Oggi la Sampdoria è tornata in serie A e questo mi ha fatto tornare alla mente un ricordo della mia infanzia.
Era il 1968, l’anno della contestazione giovanile. Ma io ero ancora un bambino e le mie contestazioni, allora, si chiamavano bizze. Si stava avvicinando il Natale e una mattina, la prima delle vacanze di Natale, mi era arrivato a casa un pacco postale. Il primo che avessi mai ricevuto in vita mia. Naturalmente non ce la feci ad aprirlo io, ma il mi’ babbo, più veloce, e soprattutto curioso, lo spacchettò avidamente. Era arrivato dalla Panini, quella delle figurine. Io avevo completato l’album e come premio, anche se la Fiorentina che era la mia squadra del cuore stava volando verso lo scudetto che avrebbe vinto pochi mesi dopo, mi arrivò la maglia della Sampdoria che mi affascinava con i suoi colori, e l’avevo scelta come premio per aver finito l’album dei calciatori. E quel giorno era arrivata! Tutto il completo blucerchiato! Una favola. Naturalmente lo indossai subito e la contestazione fu, che dovevo portarlo tutto il giorno, anzi, lo avrei usato anche come pigiamino!
Ma quello sarebbe stato un giorno di grandi aspettative e di cocente delusione. Il pomeriggio saremmo dovuti andare a casa di nonna Egle, che avrebbe rotto il salvadanaio che aveva riempito e che sarebbe servito per comprarmi la scatola del trenino Rivarossi! Ero eccitato a palla.... la mattina la maglia e la sera l’agognato trenino. Ma arrivò la doccia fredda! La notte erano entrati i ladri in casa della nonna e insieme a tutti i suoi ori, si erano anche portati via il “mio” salvadanaio!
Partimmo subito per andare da lei. Io presi il coltellino che avevo, giurando che se avessi incontrato i ladri li avrei accoltellati. Lo possiedo ancora, me lo aveva regalato proprio la nonna durante una gita alla basilica di Sant’Antonio a Padova. Ricordo ancora la corsa per quelle scale strette, ripide e soprattutto tante, che portavano all’ultimo piano di un palazzo a pochi metri dal Ponte Vecchio. Mi accolse a braccia aperte, piangendo, dicendomi che non mi avrebbe potuto comprare il trenino quel Natale.... Gli avevano portato via tutto. Ma mi disse che un regalino me lo avrebbe comunque fatto e scendemmo alla cartoleria del Menicucci (quella dell’arbitro fiorentino) e mi regalò un piccolo trenino di vetro per l’albero di Natale. Lo conservo ancora gelosamente tra le mie cose, insieme a quel coltellino...
E’ uno dei miei ultimi ricordi di nonna Egle, poco dopo per colpa di una malattia ci lasciò. E quella maglia, il trenino e il coltellino rimarranno per sempre nel mio cuore.

 

giovedì 7 giugno 2012

Il Gran Ballo

Ecco, questo è il mio tipico approccio ad un quadro. Anni fa mi venne in mente quest'idea. Non so come ne dome, ma di sicuro fu buttata giù sul mio inseparabile blocco sotto un ombrellone nell'incasinata spiaggia di Cesenatico. Quando mi viene un'ispirazione, non sto più nella pelle, finché non realizzo l'opera. Ma a quel disegno mancava un piccolo dettaglio: La bambola. Non so come, ma avevo un'idea ben precisa in testa, ma non riuscivo a realizzarla. Cominciò così una lunga ricerca, per trovare il soggetto giusto. Dapprima su internet, cercando tutte le bambole possibili e inimmaginabili, ma niente da fare. Quella che avevo in testa non c'era! Iniziai così il tentativo mercatini antiquari! Ne avrò girati una trentina. Ma niente, nemmeno lì. Intanto sono passati un paio d'anni, e la ricerca continuava e tanti schizzi fatti senza che nessuno mi soddisfacesse. Io avevo quella bambola in testa e se non la trovavo il quadro non l'avrei fatto. 
Una mattina, dopo che era saltata la corrente, andai a rimettere la sveglia in camera di mia mamma e, proprio accanto alla sveglia, sul comodino c'era quella bambola. Ci sarò entrato decine di volte senza mai guardarci.... e lì, era sempre stata.
Sempre sotto gli occhi, e forse, il fato, non voleva che la dipingessi, probabilmente. Ma quella mattina aveva deciso che era giunto il momento.
E così lo dipinsi, velocemente... si fa per dire!

martedì 29 maggio 2012

I' mi' babbo

Oggi sarebbe stato il suo 81° compleanno. Un giorno mi telefonò chiedendomi di andare a casa e portare la macchina fotografica che aveva delle cose da fotografare. Naturalmente andai, e, quando arrivai a casa sua (che poi sarebbe diventata la mia), lo trovai vestito per benino, infiocchettato, e tutto rileccato. Mi disse: Fammi una bella foto, così dopo mi ci fai un bel ritratto e lo usi per mettermelo sulla tomba! E la tomba la voglio di marmo bianco a forma di croce e con la falce e martello sopra! E poi mi fotografi la mia libreria e la foto me la metti nella bara”.
Naturalmente io, scherzando la foto gliela feci lo stesso e poi anche come il quadro che è quello qui sopra riprodotto, e la feci scherzando, come al solito e come con lui si usava fare. E purtroppo subito dopo morì...
Non è stato certamente un padre presente o affettuoso o modello, sempre preso dai suoi amici, dalle sue sigarette, le bevute e gli scherzi al prossimo. Sembrava tirato fuori dai personaggi di Amici Miei. Ne ha combinate di tutti i colori. Una volta per far “allontanare” l’amante da un suo amico (a richiesta dello stesso), dato che lei credeva ciecamente in tutte le arti divinatorie, si finse un lettore di tarocchi e gli predisse che se sarebbe rimasta con l’amante avrebbe fatto una brutta fine... lo scherzo fu fatto talmente in modo convincente, avevano persino ricreato una sala tutta allestita di cose “magiche”, che questa se la dette a gambe levate. Un’altra volta, per far capire ad un amico, diciamo un po’ cieco, che la moglie era un po’ allegra, gli misero sul bandone del negozio, una testa di toro (con delle bellissime corna) mozzata. Un’altra invece, si divertiva a girare per la piazza in macchina tutto disteso con un mio cappellino in testa e sembrava che la macchina la guidasse un bambino. (era anche piccoletto, poco più di 1 metro e 55!!!)  E le donnine nel giardino, allarmate, a strillare come pazze.
Un’altra volta, al mare, si fece portare sulla spiaggia una poltrona con un bell’ombrellone bianco e lui si presentò in completo doppiopetto bianco e si mise a sedere per osservare in mare. (e poi ci finì dentro... vestito!)
Questo era i’ mi’ babbo. Sanfredianino.
Però il Lunedì pomeriggio, mi era dedicato. Ci mettevamo in camera sua, sul letto e prendeva i libri... e leggevamo. Prima Pinocchio, Gian Burrasca, Sussi e Biribissi e me li spiegava e mi faceva imparare le frasi più significative. Poi, più grande, mi sfidava a chi imparava più brani della Divina Commedia “Caron non ti crucciare, volsi così colà dove si puote...” e non so se lo facesse per spronarmi o per vedere chi era migliore. Ma non solo Dante ma anche Sachespeare (pronunciato come io, da piccolo lo lessi la prima volta e rimasto con quella dizione negli anni a venire) con la regina Mab “Ah! Allora, lo vedo, la regina Mab è venuta a trovarti. Essa è la levatrice delle fate, e viene, in forma non più grossa di un agata...sul naso degli uomini, mentre giacciono addormentati.” La più bella cosa per me mai scritta. E poi la pittura, tutti i maestri rinascimentali, i macchiaioli e Ottone Rosai a cui aveva fatto da piccolo tante commissioni. E poi li dipingevamo anche insieme, spronando così la mia vena artistica. La mia prima copia della “Gioconda” credo d’averla dipinta a 10 anni...) Libri d’arte con cui mi spiegava, certo a modo suo perché, in fondo, aveva fatto soltanto la 3a elementare, ma di sicuro, ne sapeva più di cento Sgarbi. Insomma, tutti questi Lunedì, hanno contribuito, credo in modo fondamentale alla costruzione del mio mondo immaginario e della mia arte. E soprattutto della mia vita.
Non mi ha mai insegnato quello che si doveva fare.... ma visti i suoi esempi, quello che non avrei dovuto fare.
Auguri e ciao babbino!

domenica 13 maggio 2012

Il bambino e la libellula

Andava girando, saettando da una parte all’altra di una radura, dentro e ai limiti del bosco. Volava senza pace, fermandosi ogni tanto, immobile nell’aria, ad osservare il mondo che la circondava. Non aveva pace. E allora ripartiva volando repentinamente in alto e si rifermava, guardando. Poi ancora in volo e, quelle sue tenere ali, riflettevano il sole tanto che sembravano saette luminose. Era bellissima, piena di colori luminescenti e sembrava una trottola. Girava impazzita alla ricerca di qualcosa, forse della vita stessa. Non aveva pace. E per un tempo interminabile non si fermò mai, sempre alla ricerca, di qualcosa, di qualcuno. Passavano i giorni e le stagioni e lei, sempre li, cercando e cercando. Non c’era luogo che lei non avesse visto, che non avesse osservato. Le sue splendide alette, non avevano pace, e volava. di continuo... la vita sfiorava.
Un giorno, d’alto, vide una macchia colorata e vistosa. Era un bimbo che giocava tranquillo e beato con i suoi secchielli e le formine colorate. Si avvicinò circospetta e si piantò nell’aria proprio davanti a lui. Il bimbo sentendo il rumore che le sue piccole ali provocavano, alzò lentamente gli occhi e la guardò stupito. Era bellissima, e anche lei non poté fare a meno di ricambiare quel sentimento. Lentamente il bimbo protese la mano verso di lei con i palmi rivolti verso il cielo, e attese. Lei capì subito le sue intenzioni e si mosse, piano piano, verso quell’innocente manina. E ci si posò, delicatamente. Lui chinò la sua testa e la baciò con tenerezza e delicatezza. Lei allora strinse le sue magre zampette su di un dito, chiuse gli occhi e si appisolò, stanca del suo lungo viaggio e della sua eterna ricerca. Era arrivata.
Ora riposava beata, felice, si sentiva in pace col mondo e con tutto. E forse sognava... la vita.

giovedì 10 maggio 2012

Il 27




















Col 27 s'andava a Scandicci, prima che la Tramvia se lo mangiasse con i ricordi. Quei Megabus a due piani erano uno spettacolo. Ricordo ancora le corse fatte al capolinea, davanti al bar Deanna in piazza Stazione, per andare per primi al piano superiore, proprio davanti: ai finestrini! E sembrava d'essere in barca. Come curvava, ti sentivi sporgere verso l'esterno, e più erano vecchi gli autobus e più l'effetto si sentiva. Sopra c'era sempre poca gente, anche perché i "vecchini" su, non ci montavano, cerano gli scalini da salire, e quindi diventava un luogo dove si era padroni... Ogni tanto s'inquietavano i bigliettai (si allora il biglietto si faceva a bordo) ma soltanto per accontentare qualche passeggero uggioso... ci brontolavano infatti sorridendo, anche perché non facevamo mai niente di male. Comunque quel dondolio continuo, dava proprio l'impressione di veleggiare in un "mare" fatto di cemento.
Così a volte nascono le idee, si trasformano, si realizzano, fantasticano e si concretizzano in un dipinto. E la cosa stupenda è che, mentre li dipingi, rivivi quegli attimi, quelle sensazioni e quelle emozioni.... come la celeberrima madeleine di Proust.

domenica 6 maggio 2012

Il tempo che passa





















Come sarebbe stato bello poterti abbracciare,
Stringerti forte e assaporarti il profumo.
E come sarebbe stato bello accarezzarti
e sfiorarti amabilmente la pelle.
Svegliarti ogni mattina con un bacio
e una tazzina  di nero caffè.
Sarebbe stato bello lo scorrer del tempo,
vedere il tuo volto e il tuo corpo cambiare.
Vederti creare la vita ed i sogni.
Invecchiare pian piano e baciare
ogni tua più piccola ruga,
trofeo inconsapevole di ogni giorno vissuto.
Guardarti negli occhi e sognare.
Vederci le stelle  e parlare, parlare, parlare.
Ma alla fine rimane solo e soltanto una stella,
A sigillo di amore stupendo,
per quello che non è successo,
e per quello che è stato e per quel che sarà.


Maurizio

giovedì 19 aprile 2012

Maschera Mod 1321960














Mi calza a pennello.
Non ricordo nemmeno il momento che l’ebbi indossata.
E’ cresciuta pian piano, adattamento perfetto.
E’ comoda e utile, sicura, efficace.
Ti senti protetto, ti senti migliore.
Con quella puoi fare di tutto:
Cantare, strillare, giocare.
Parlare, amare, scherzare.
Andare, volare, sognare.
Saltare, pensare, creare.
Puoi anche capire, partire, vestire.
Lambire, gioire, sentire.
Infine correre, scrivere, piangere.
Ridere, contendere, prendere.
Quella maschera ogni tanto la togli.
E inizi vagamente a sognare.
Per un attimo finalmente, tu vivi sincero.
Ecco allora che esce il tuo mondo.
Emozioni, sogni, ricordi, desideri anelati e gioie vissute.
Sentimenti che credevi perduti riaffiorano lasciandoti triste.
Ti lascia spiazzato quel mondo nascosto.
Non hai più difese e ne sei sopraffatto.
E cedendo decidi che è l’ora.
E la maschera rimetti di nuovo.
Così puoi cantare, strillare, giocare.
Parlare, amare, scherzare.
Andare, volare, sognare.
Saltare, pensare, creare.
Puoi anche capire, partire, vestire.
Lambire, gioire, sentire.
Infine correre, scrivere, piangere.
Ridere, contendere, prendere.

mercoledì 18 aprile 2012

Colori

Dopo una lunga gestazione, almeno da parte mia, è nata questa piccola creaturina.
Trent'anni fa, circa, buttai giù le prime note di questa canzone che rimasero abbozzi non riuscendo a dargli un seguito, poi, piano piano, sono cresciute ma purtroppo si erano perse nel tempo ed erano finite su un pentagramma perso in uno scatolone. Qualche tempo fa Salva mi chiese se avevo dei brani che non usavo. Io rispondendogli affermativamente, mi rimisi all'opera cercando di completare quel brano. C'era solo un inciso, ma piano piano ha preso forma finché non è passato nelle mani di Salvatore che con Claudio lo ha completato, prima con parole che mi si addicono alla perfezione, poi con un arrangiamento che mai, avrei potuto realizzare. Questo è risultato. E' inutile dire che sono soddisfatto. Di meglio non avremmo potuto fare. Oddio, chissà, forse un domani!


Grazie a Salvatore Pintore e Claudio Bechi questo è stato il risultato.

Su YouTube ci sono altre canzoni che loro hanno creato e cantato... Andate ad ascoltarli, ne vale la pena!


domenica 8 aprile 2012

Una serata per Trame Africane

Eccoci qui! Dopo la splendida serata dedicata a Trame Africane, rimane, forte, la sensazione che anche qui sia possibile ricreare quello che ormai da anni fa Pasquale in Campania. Coinvolgere tante persone nel nostro progetto. Si "nostro", anche perché mi sento, anche se in minima parte, parte di questo, immenso, stupendo, progetto di vita!
La serata di giovedì è stata a dir poco straordinaria, con un'affluenza di pubblico fuori da ogni aspettativa. Era cominciata con tante rinunce a venire, ma poi, una volta aperti i cancelli, una marea di gente si è presentata. Da togliere il respiro. Vorrei ringraziare Vincenzo per quello che è riuscito a fare. Ha fatto un capolavoro. Poi lo spettacolo "Sogni"! Non poteva essere un titolo migliore perché Trame è un sogno continuo che piano piano si realizza, diventa concreto. Vedere sullo schermo del teatro il sogno realizzato dell'ospedale di Kiruja, è una soddisfazione immensa. Un grazie va anche a Beppe Dati, che ci ha saputo regalare emozioni incredibili. Canzoni come "Gli uomini non cambiano", "Non amarmi" "Cirano" e le altre, che ci hanno accompagnato in questi ultimi tre decenni, non finiscono mai di sorprenderci. Poi infine Pasquale. L'anima, lo scheletro, la colonna, il capitello, insomma, Lui e Trame sono la stessa cosa. Instancabili e intramontabili.
Della serata non ho audio da proporvi, ma delle splendide immagini fatte dal grande fotografo Armando! e poi l'ultimo grazie al Pieraccioni! E' stato fantastico! Credo che, inconsapevolmente, recitando una canzone del Dati, "Vaffanculo" che cantò qualche anno fa', abbia dimostrato di quanto vane siano le parole usate fuori dal loro contesto. Quindi non parole, ma fatti. E Trame Africane in questo è maestra, perché riesce a concretizzare tutto ciò che progetta.
Non poteva esserci un modo migliore per farvi gli auguri in questa domenica di Pasqua!
Vincenzo e Pasquale nella presentazione della serata! (Mi sa che qui mi sono salvato)

L'autore dello spettacolo e delle sue grandi canzoni: Beppe Dati

Non ricordo il nome della cantate ma ha cantato
"Gli uomini non cambiano" in modo straordinario

Qui, Armando mi aveva beccato in mezzo al pubblico nel mio
tentativo (riuscito) di evitare certe chiamate sul palco da Pasquale.
(Il prossimo anno dovrò inventarmi qualcosa di nuovo)

Io e Pasquale! Che dire, 8 anni di collaborazione e,
vedendo i risultati ottenuti, di immense soddisfazioni!
Ma non sarò contento fino al giorno che non porterò
personalmente ai bambini di Machaka una tonnellata
di matite Giotto!!!

Il Pieraccioni. E' stato stupendo. soprattutto recintando
 questo testo:
Se mi guardo nello specchio
con il tempo che è passato 
sono solo un po' più ricco 
più cattivo e più invecchiato 
è l'amara confessione 
di un cantante di successo 
forse è l'ultima occasione 
che ho di essere me stesso (...)
Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo!


Che ha dedicato a Bossi!

giovedì 5 aprile 2012

Il cuscino colorato

Era ormai arrivata la primavera!
Il freddo e l’arido dei prati avevano ormai lasciato spazio a quel bellissimo verde brillante dell’erba e quella miriade di bellissimi fiori colorati. Le balenò un’idea folgorante. Avrebbe raccolto quell'innumerevole quantità di petali colorati per farci un cuscino dove, la sera, poggiare i suoi capelli neri e dormire!
Sarebbe stato bello addormentarsi su quel cuscino pieno di colori e di profumi. Avrebbe portato anche nel buio del sonno e della notte quella splendida primavera!
Cominciò così a raccoglierli, e piano piano riempì il suo cestino. Sembrava pieno di coriandoli colorati pronti per un nuovo attimo di festa. Corse a casa e, una volta presa una tela trasparente, ne confezionò un cuscino, a dir poco, paradisiaco.
Giunse la sera, e, quando fu il momento di coricarsi, prese quel cuscino, vi poggiò la testa e si addormentò beatamente e felicemente.
Sognò!
Ma non fu il solito sogno, infatti, per magia, quel cuscino aveva colorato i suoi sogni.
Prima erano tutti in bianco e nero. Adesso avevano tutte le sfumature dell’iride. Poteva vedere il blu del cielo, il verde dei prati, i mille colori dei fiori, più grandi e più belli di quelli del cuscino. Correva felice nel sogno. Correva felice in un mondo fantasticamente colorato!
Sognando, si accorse che la’ in fondo, c’era una macchia grigia! Nei suoi sogni in bianco e nero, prima non l’aveva mai vista, anche perché si mimetizzava alla perfezione. Ma così, in quel mondi colorato, spiccava in modo assoluto. Cominciò a correre verso di essa, e più che si avvicinava, passando da prati, fiumi, ponti, oggetti, case coloratissime, si accorse che era un forziere. Un’enorme cassaforte.
Rimase un attimo interdetta. Sulla cassaforte non cerano serrature ma soltanto una scritta sbiadita: “Se frughi tra gli angoli del cuore troverai la parola che apre il forziere”
Non gli ci volle tanto per capire.
Pronunciò la parola e come d’incanto la porta si aprì...



Ognuno di noi ha un ricordo nascosto, un pensiero, un desiderio. Non lasciamoli nascosti nei nostri sogni. Tiriamoli fuori, facciamoli vivere. In questi giorni pasquali facciamo in modo che si realizzino, e che la festa sia doppia. Auguri di tutto cuore. Maurizio

venerdì 23 marzo 2012

La ribollita

La casa di nonna in via Romana che disegnai nel '66
Tutte le volte che sento l’odore del pepolino, che è una varietà nostrana di timo, non posso non ricordarmi una mattinata, che è uno dei miei ricordi più cari.
Una mattina calda, di tanti anni fa, quando le macchine passavano da via Romana una, ogni morte di Papa, e si sentiva il vociare della gente di san Frediano, che usavano le finestre come antichi telefoni.
Come spesso succedeva, mi facevano passare il lunedì dalla nonna Egle. Ed io ero al settimo cielo, perché sapevo che sarei andato il pomeriggio a giocare alla guerra a Boboli!
Quella mattina, nonna mi disse: “Oggi ribollita... e mi dai una mano!”
“Intanto sciacqua bene gli odori sotto la cannella”, ed io obbediente presi quelle carote, il sedano e la cipolla e via a schizzar sotto il rubinetto. Infatti la cannella, in realtà era, a Firenze, il rubinetto. “ma cosa fai? non vedi che bagni tutto... lascia stare. Ci penso io”
Poi prese gli odori, e una volta messi su quel bel taglierone (non immaginate cosa avrei dato per poterlo usare come scudo) e con la mezzaluna iniziò a tritarli.
“Vuoi provare?” e io eccitato in piedi sulla seggiola, presi quei due pomelli e cominciai a zigzagare. Mi sentivo grande.
Poi prese gli odori, che lei aveva finito di sminuzzare e li buttò nella pentola dove prima aveva messo un goccio, scarso, d’olio d’oliva. L’odore subito si spanse per l’aria e... venne subito l’acquolina in bocca. “Ora c’è un bel lavoro per te!” mi beccò subito mentre mi accingevo a correre in giardino per giocare. “C’è da schiccherare il cavolo nero”.
Bisognava levare la parte erbacea dal gambo duro del cavolo, e così facemmo velocemente. Intanto aveva sbucciato due belle patate e tagliate a quadretti le aveva buttate sul soffritto, seguite, appena finito lo schicchieramento, dal cavolo spezzettato.
Sui fornelli C’era anche un pentolone di fagioli che aveva cotto la mattina presto, e ne tolse il brodo di cottura e lo versò nella pentola del soffritto. A quel punto cominciò il bello. Divise in due parti i fagioli, e una parte era da passare col passaverdure! La mia specialità!
E così, in piedi su una seggiola, in equilibrio precario, cominciai quell’ardua operazione! La manovella girava, e sotto per magia usciva la polpa di fagioli! Piano piano il lavoro fu fatto mentre grondavo di sudore ma pieno di soddisfazione.
Versò così nella pentola anche la purea di patate, aggiunse un pochino di sale, tanto pepe e mi disse a quel punto: “Mi vai in giardino a prendere un ciuffetto di pepolino?”
Via di corsa, con Dago, il gigantesco cane lupo che mi aspettava, varcai la porta del giardino che dava sulla limonaia di Boboli, da cui arrivava un profumo irresistibile! E in quel giardino mi persi in giochi, tanto che la nonna per non so quante volte mi chiamò chiedendomi del pepolino! Poi glielo portai alla minaccia di non portarmi ai giardini nel pomeriggio!
Adesso la pentola bolliva, piano piano! “C’è da abbrustolire i’ pane!” Lo vuoi fare te?” mi chiese, ed io non potei rifiutare, anche solo per riprendere fiato! Cosi mi misi vicino ai fornelli, sempre sulla solita seggiolina, a voltare quelle fette di pane sulla gratella con un paio di pinze, attento a non farle abbrustolire troppo e soprattutto a non bruciarmi. Una volta fatte, una bella strusciata d’aglio e nel frattempo la minestra era cotta. A quel punto c’era solo da spezzettare il pane dentro la pentola, che feci con grande soddisfazione! Un altro po’ di cottura, fino a che il pane aveva assorbito bene il liquido della pentola.
Ora era fatta! Si poteva uscire. San Frediano la mattina era splendida. Poche macchine, i barroccini che passavano pieni di ogni ben di Dio. Urla, voci, rumori profumi...e anche puzzi! Soprattutto nelle stradine strette. I negozi pieni di cose buone e l’immancabile bizza davanti alla cartoleria di Piazza San Felice. La visitina d’obbligo a bottega dal nonno, in mezzo a tutto quell’oro svolazzante (faceva il doratore) e poi il ritorno a casa per fare i compiti. poi il pranzetto e il pomeriggio, dopo un obbligatorio riposino, a Boboli!
Passata la giornata si avvicinava la cena e sarebbero venuti a riprendermi i miei genitori. A quel punto si rimise la minestra di Pane sul fuoco. Doveva ribollire ben bene per diventare “Ribollita” Finalmente a cena!
Mancava solo un gocciolo d’olio sulla ribollita! Mio nonno Corrado, democristiano spaccato, ci faceva sopra una bella Croce, dicendo che era un dono di Dio, mentre mia nonna, comunista partigiana invece ci faceva una bella C come comunismo dicendo sempre “Il mangiare ce lo porta i’ mi’ lavoro, mica di quello lassù!” Mio zio Carlo no, lui si mangiava il bruciacchiato che rimaneva sulla pentola, direttamente, dicendo che era la parte migliore.
Finiva così la giornata, quasi tutta dedicata al mangiare e al nipotino.
E’ uno degli ultimi ricordi di mia nonna, perchè poco dopo ci lasciò. E tutte le volte che mangio la ribollita, da fare solo e soltanto come lei mi ha insegnato, il mio cuore è con lei!